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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Lui e io: diario spirituale di Gabrielle Bossis

Il diario spirituale di Gabrielle Bossis è un dialogo permanente d’amore tra Gesù e Gabrielle; in questo rapporto confidenziale risalta tutta la bellezza e la delicatezza insite nel desiderio di Cristo di unirsi spiritualmente con le sue creature.
La ricorrente “sete” d'amore da parte di Dio nei confronti delle anime viene qui esaltata dalle continue manifestazioni d'amore di Gesù nei confronti di Gabrielle.
L'attenzione di Dio verso ognuno di noi è sempre mirata e personale, non è mai casuale o generica e nessuno di noi è uno qualsiasi per lui. Non è un caso il titolo del diario "Lui e io", e in questo “io” ciascuno di noi può riconoscere se stesso come unico e irripetibile: unicamente cercato, unicamente amato.
Il diario di Gabrielle Bossis inizia nel 1936, con i dialoghi trascritti sul transatlantico che la portava in Canada per una tournée teatrale. Sono pagine che donano l’emozione di poter ascoltare la Voce di Cristo, che giunge con la nobiltà di un Mistero sacro rappresentato con semplice essenzialità.

"Il diario spirituale di Gabrielle Bossis inviterà i lettori a entrare nell'intimità del Signore, che parla a coloro che sanno ascoltare".
(San Giovanni Paolo II)


Capitolo I°

22 agosto 1936
Sul piroscafo. Durante il concerto di musica classica, gli offrivo il fascio di suoni e di dolcezza che ne scaturiva. Lui mi ha detto piano, come una volta:
«Figliolina mia».

23 agosto 1936
Hanno fatto un altare sul pianoforte, io pensavo ai gabbiani e agli aerei, che vengono a posarsi sui piroscafi. Lui:
«Questa volta, è il Cristo».
Durante il penoso rollio, gli dicevo: “Lo sapete bene che tutto è per voi; allora, non ve lo dico”. Lui:
«Bisogna dirmelo, perché amo sentirmelo dire. Dimmelo spesso: quando sai che qualcuno ti ama, sei contenta che te lo dica».

24 settembre 1936
Canada. La cappella è accanto alla porta della mia camera, e ogni volta che ci passo davanti gli sorrido. Lui mi ha detto:
«Sorridi a tutti. Unirò una Grazia al tuo sorriso».

3 ottobre 1936
Nel Saskatscewan. Lui:
«Rinchiudimi nel tuo cuore con un segno di croce, come dietro a due sbarre».

4 ottobre 1936
Montréal. Lui:
«Quando non ti raccogli, è a me che tu manchi» (con una voce così delicata...).


Capitolo II°

20 marzo 1937
A Lozère:
«Sii amabile, buona, al di là delle tue abitudini. La sposa assomiglia allo Sposo. Ascoltali parlare. A loro fa bene parlare ed essere ascoltati».
Assisi. Durante un “Benedicite”, in cui ero stata molto distratta, Lui mi ha detto:
«Tu credi che sia una piccola cosa? Per me, è grande».

Pasqua 1937
Roma, Chiesa della Minerva. Lo ringraziavo delle sue sofferenze. Lui:
«Non metterai mai nella tua riconoscenza tanto amore e gioia quanto amore e gioia ho messo io nel soffrire per salvarvi».
Taormina, Sicilia: osservavo le donne che hanno un marito per sbrogliare le piccole difficoltà dei viaggi. Lui mi ha detto:
«Ma se ci sono io, qui!…».

30 marzo 1937
Palermo:
«Ascolta e ti parlerò. Vuoi essere la mia confidente?».
Monreale di Palermo:
«Io sono in te più che te stessa».
Nella corriera da Kairouan a Sousse:
«Ti ricordi, quando eri piccola? Ti avevo detto: “Raccontami ciò che hai fatto oggi”. Ma non avevi creduto che fosse la mia voce».

8 aprile 1937
Sousse:
«Rendi il bene per il male. Non perderne una sola occasione».

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Capitolo III°

17 giugno 1937
«Tutto nella natura non è che immagine ed emblema. Non hai sentito che l'amante è immagine del mio Amore?».
«Per capire, bisogna ascoltare. Ascolta». «Quanto al mio Amore, non esagererai mai».
«Ricevi sorridendo le piccole prove di ogni giorno: tu metti una fascia sulle mie ferite».
«È perché sei più piccola e più miserabile che ti ho scelto».
Davanti all'Eucarestia:
«Come ho ben guadagnato il Pane dei miei figli! Tu, mangia pure questo Pane, mi è costato caro. Ma Io sono così felice di offrirtelo...».
Nella casa vuota:
«Ma siamo insieme».
«Chi ti ha amato come ti ho amato io? Lo credi, almeno?».
«Soffri nella tua carne unendoti a me, come se io fossi stato deriso e flagellato stamani».

24 giugno 1937
«Sii contenta quando puoi offrirmi una piccola sofferenza. A me, il Sofferente».

26 giugno
«Credi forse che Io non abbia bisogno di tenerezza, perché sono Dio?».
«Credi che io rimanga in silenzio con quelli che cercano di parlare con Me? Parla con Me!...».
«Ti mando queste piccole Grazie perché tu ti avvicini a Me. È come se Io suonassi il campanello della tua casa».
Un neonato cinguettava nella sua carrozzina mentre i genitori erano allo sportello della Posta. Lui mi ha detto:
«Il tuo amore non è che il balbettìo di un piccolino».

27 giugno 1937
«Che la tua vita sia un costante raccoglimento, un’incessante conversazione con il tuo Signore».
Io: “Dammi i mezzi per farmi santa!”. Lui:
«Tu li hai».
«Ti ho pregata di svegliarti tra le braccia del Padre, poiché ognuna delle tue mattine è una nuova creazione».

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Capitolo IV°

25 agosto 1937
In giardino:
«Dubiti che sia io? Fa’ come se fosse vero».
«Calunniata? Bisogna bene che tu sia come il tuo Sposo».

26 agosto 1937
Dopo la Comunione. Avevo dei dubbi...
«È perché sono Dio che non avrei il diritto di parlare alle mie creature?».

30 agosto 1937
Davo ospitalità a dei domestici:
«Come ti sentirai umiliata di servirli… Ma è me che tu servi».

31 agosto 1937
«Più darai luce, più ne conserverai...».

1 settembre 1937
«Senti questi piccoli cardellini sugli alberi? Parlano a bassa voce, senza interruzione. Mormorio di uccelli. Parla con me a bassa voce, senza interruzione. Mormorio di anime».
«Prendi il sangue che cola dalle spine e lavane il mondo.
Ascolta, e intenderai».
«Cosa ti resta da fare sulla terra, se non amare il tuo prossimo per Me?».
«Vai al di là di te stessa».
«Sii la più umile, la più semplice».

2 settembre 1937
«L’amore di ieri ti dà più amore per oggi, e l’amore di oggi ne prepara di più per domani».

3 settembre 1937
Io: “E tutti i miei difetti?”. Lui:
«Vieni ugualmente. Vieni sempre. Credi in Me. Credi nella forza del mio Cuore».

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Capitolo V°

1° giugno 1939
Nell’Ain:
«Scrivi: “Vorrei che non si avesse più paura di me, che si guardasse il mio cuore pieno d’amore, che si parlasse con me come con un Fratello diletto”. Per alcuni, sono uno sconosciuto. Per altri, un estraneo, un maestro severo, un esattore. Pochi vengono da me come si va in una famiglia amata. E il mio amore è lì che aspetta. Tu, di’ loro di venire, di entrare, di affidarsi all’Amore così come sono. Così come sono. Io li ristorerò, li cambierò. Avranno una gioia che non conoscono. Io solo posso darla. Ma che vengano! Di’ loro che vengano...» (con una voce piena di un grande desiderio).

3 giugno 1939
Nell’Ain:
«Quando chiedi, sii sicura che sono abbastanza buono da esaudirti; altrimenti, mi impedisci di dare…».
Io: “Oggi è il Corpus Domini, che cosa dobbiamo darti?”.
«La fedeltà nelle piccole cose». «Sii crocifissa con me. Essere crocifissi è venire lacerati contro la propria natura, contro i propri desideri, contro l’amore di sé. Nella povertà, nell’oscurità, nell’obbedienza al Padre. Ricordati che la crocifissione è il preludio della Risurrezione, cioè di tutte le gioie».

16 giugno 1939
Pensavo a coloro che mi avevano amata con tanta bontà.
«Ma questi ti lasciavano talvolta. Io, non ti lascio. Tu sei sempre nei miei pensieri». «Sai tu che cosa è l’amore di un Uomo-Dio che chiama? che chiede il vostro amore? e che sente in risposta solo il riso che insulta?».

22 giugno 1939
A Le-Fresne:
«Sii molto semplice con me. Cosa si fa la mattina e la sera in famiglia? Ci si dà il bacio dell’affetto, cosa naturale. E talvolta, durante la giornata, per una parola o per un regalo, ci si guarda… Ci si guarda con amore. Si hanno slanci di tenerezza. Quant’è dolce e confortante... Ah! se mi si permettesse di far parte della famiglia!...».

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Capitolo VI°

3 dicembre 1939
«Vedi questa grossa porta di ferro e di legno spesso? Com’è pesante! È una porta fatta dalla paura e dalla diffidenza… Come potrei entrare da una porta come questa? O voi, miei intimi! Abbiate grande fiducia nella mia ricchezza d’amore. Allora, io mi precipiterò in voi con quanto desiderate, poiché sarete irresistibili».
Mentre cucivo delle pianete:
«Laggiù al fronte, o laggiù in Africa, io sarò contento di avere ornamenti confezionati dalla mia figliolina.  Sai quanto un padre è fiero e felice di ciò che gli offre il suo piccolino? Forse, non è fatto molto bene… potrebbe essere più bello… ma il bambino ha lavorato con tutto il cuore, allo scopo di far piacere al suo caro padre, e allora… Non è meglio questo che un lavoro perfetto ma fatto senza amore? Ah! la tua tenerezza, come la cerco in te! Nelle tue opere!...».
22 dicembre 1939
«Prega molto per gli altri. Amplia le tue richieste: i governi, le missioni, i popoli… il mio Regno ovunque… Io me ne faccio carico».

24 dicembre 1939
Al chiaro di luna, nell’Avenue. Gioiosa del Santo Natale in arrivo. Mi ha detto:
«Oh sì, rallegrati! Sai che cos’era la terra prima della mia venuta? C’era Dio e c’erano gli uomini. Ora Dio è diventato uno degli uomini, uno di voi… Che amore! Quale unione possibile tra voi e Lui… Riesci a percepire la differenza? Ringraziami con tutte le tue forze e sii mia più che mai».

26 dicembre 1939
Dopo una riunione di giovani:
«Prendi la tua anima nelle tue mani e guarda la tua giornata. Pesa l’amore che mi hai dato nel corso delle ore. Ricordati: Sarete giudicati sull’amore».
Dopo la Comunione:
«Cerca di evitare le più piccole colpe. Questo è il tuo lavoro, perché sei chiamata alla santità, e la santità è l’assenza di ogni macchia volontaria. Lavoro d’amore, d’amore, capisci?».
Via Crucis, 1a stazione:
«Mi condanneresti a una morte certa, se nel tuo spirito il disordine dei pensieri terreni oscurasse il pensiero di me».

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Capitolo VII°

19 settembre 1940
Ora santa. In chiesa, mi preoccupavo dell’accordatore dell’harmonium che faceva rumore: “Gli impedirà di parlarmi?”.
«Forse che qualcosa o qualcuno può impedirmi di parlare a un’anima quando voglio parlarle? Il mio, non è forse il linguaggio profondo del cuore-a-cuore? Anche in mezzo alla folla tu mi hai udito, hai inteso la Voce così tenue che ci vuole l’amore per afferrarla.
E tu sai, quanto amo essere il vostro prigioniero… Rubatemi! Più mi ruberete, più avrò nuovi tesori da far rubare. Non abbiamo messo tutto in comune? come in un’amorevole famiglia? Siate certi che la mia ricchezza non diminuisce mai. Prendete! prendete a piene mani, a pieno cuore, non solo per voi, ma per tutti. Ah! non dimenticate nessuno e la mia ricchezza ne sarà accresciuta.
Ti ho detto che così poco v’impedisce di vedermi...
Credete dunque nella mia Presenza invisibile, piena di affetti, di amori incomparabili, se sapeste… Una Presenza! È tanto… Fa’ tutto: lavoro, preghiere, pensieri, conversazioni, come se io fossi là: e io sono là. Non trovi che sia infinitamente bello? Quando ti svegli, sono là. Quando riposi, sono là. Tu puoi dire: “Lui non mi lascia mai sola”. È in questo che la tua solitudine è divina.
Ti ricordi, dopo la morte della tua fedele domestica, la tua esitazione a prenderne una nuova? Ti ho invitata a rimanere sola dicendoti: “Mi amerai sino a questo punto?”. Non è vero che non rimpiangi nulla? Insieme abbiamo varcato gli anni, le sere dagli istanti solitari.
Tu hai cercato di avvicinarti di più a Dio e io ti ho aiutata, perché tu potessi unire le tue solitudini alle mie. Hai saputo del mio deserto? dei quaranta giorni? delle notti in cui mi allontanavo per pregare davanti al Padre mio… E nella folla? La grande solitudine dell’incomprensione, dell’ostilità, dell’odio, dell’amicizia respinta… Tutto ciò per voi, per te.
E più tardi, la solitudine dell’Orto degli Ulivi, la solitudine delle chiese, la solitudine della mia Eucaristia, per i cuori che mi dimenticano dopo la Comunione…
Oh! che il pensiero caldo e fedele dei miei amici venga incessantemente a consolarmi! E io, io li consolerò quando loro si addormenteranno per andarsene da questa vita.
Strana cosa, non è vero?, che una creatura possa consolare il suo Dio! Eppure, è così. Il mio amore inverte i ruoli, come una nuova maniera per darmi una tenera protezione, talmente ho bisogno di tutti i vostri modi di amare, di tutte le vostre forme di tenerezza.
Chi potrà concepire gli ardori del mio fuoco? Perdonami di dire tanto di me, oggi… Tu capisci, devo alleggerire il mio cuore, affinché si sappia, si conosca un po’ meglio questo Amico sconosciuto così vicino! Così vicino a voi… Se sapeste… miei poveri figliolini!».

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Capitolo VIII°

Festa di Ognissanti 1941
Durante la messa solenne:
«I posti lasciati dagli angeli ribelli non sono ancora esauriti in cielo! Tutti, voi siete tutti chiamati, ciascuno per nome. Oh! figli miei, che disgrazia se non rispondete…
Se un uomo ricco, proprietario di un grande castello in cima alla montagna, avesse invitato gli abitanti della valle ad andare ad abitare con lui, e questi abitanti, temendo la fatica della salita, non volessero darsi almeno la pena di tentare: non credi che il ricco, consapevole delle splendide gioie del suo castello, proverà un vivo dispiacere per la negligenza degli invitati? Aiutami a farli salire tutti! E chiedi a quelli che sono già arrivati, di aiutarci».
Svegliandomi, Lui:
«Il tuo giorno: una vita. Al risveglio è la tua nascita. La messa, la tua prima Comunione. La giornata, come la vita: dispiaceri e gioie. Tutto offerto a me, in me. E io ti porterò sul mio Cuore pieno d’amore. Preparati al sonno come alla morte: nell’amore, per la mia gloria; e domani avrai nuovamente la vita sul mio Cuore che è attento a ognuno dei tuoi passi, figliolina mia».

13 novembre 1941
La sera:
«Chi potrebbe impedirti di restare al mio fianco durante la mia agonia? Chi, se non tu stessa? Sei libera. Vuoi darmela, questa libertà? Dimmi: “Non ho più libertà perché te l’ho donata”.
“Sì, mio Signore. Non hai tutte le chiavi di casa mia?”.
«Amo sentirtelo dire. Non avere paura di ripeterlo. Vedi, se t’incateni con l’amore, non sentirai il freddo delle catene. L’amore rende tutto facile. Vai dunque con gioia verso ciò che ti costa di più, poiché l’amore ti porterà.
È tempo che ci uniamo più strettamente: è già la sera della vita. Che non manchi nulla ai preparativi della festa. E se ci amiamo, perché non unirci? Ma tutto deve essere fatto nell’esultanza, che è una prova d’amore.
Con quale gioia interiore ho abbracciato la mia croce quando me la portarono. La mia croce!…Da tanto tempo la desideravo… Per voi e per ubbidire a mio Padre: era la vostra salvezza. Salvare il mondo! Sai che cosa ha significato per me? Oh! ringrazia, bambina mia.
Credi che molti abbiano pensato a ringraziarmi? Eppure, tutto fu completato nella corona dei dolori. Loro non ci pensano. Non ci credono.
Tu che sei qui, stasera, nella nostra solitudine, dimmi, per consolarmi degli altri le parole più delicate del tuo cuore. Sarà come un’esalazione di profumo. E dimenticherò gli ingrati, ascoltandoti…
Voi avete su di me dei poteri che vi stupirebbero, se li conosceste. Miei cari piccoli… Quanto vi amo!…».

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Capitolo IX°

Giovedì Santo 1943
«La festa del mio Cuore è l’Istituzione di questo sacramento in mezzo ai miei Apostoli verso i quali mi chinavo in modo inesprimibile. Entravo in loro, in ognuno di loro, nella loro intimità. E mi spandevo in loro in modo così soave che molti versarono lacrime.
Una crudeltà in questa felicità: la presenza del traditore. Avevo tanto amato Giuda… Che dolore, figlia mia! Immagina che, avendo scelto un’amica, tu vedessi che ti vende a vile prezzo ai tuoi nemici e sotto le apparenze dell’affetto…
Giuda, se tu desideri trenta denari, perché non vai a chiederli a mia Madre? Lei, venderebbe piuttosto se stessa per risparmiarmi la morte…
Ho ricevuto il bacio di lui sulla mia guancia… Avevo già tanto sofferto quando lo avevo visto avanzare nel giardino del Getsemani…».
“Signore, posso invitarvi a restare nei miei bei giardini per consolarvi?”.
«Sei tu, l’anima del giardino. I miei fiori, sono i pensieri della tua anima. E se sento il tuo zelo per i peccatori, dimentico le angosce degli Ulivi. Se tu mi dai l’amore del tuo cuore, dimentico l’odio, la cupidigia di Giuda.
Se nel tuo spirito hai compassione della mia miseria di verme, dei miei patimenti di lebbroso, delle mie infamie di flagellato, della mia vergogna di condannato, dei miei supplizi di crocifisso, allora tutto si allontana da me e io mi dono a te che mi chiami.
Prendi un linguaggio nuovo e forte, questa sera del Giovedì Santo, per testimoniarmi la tua riconoscenza amorosa. Tante Ostie ricevute… Il più felice dei due sono io».

23 maggio 1943
Dopo la Comunione:
«Capisci? Tu lo sai, non hai spesso l’occasione di buttarti in acqua per salvare qualcuno. È nelle piccole circostanze che devi dedicarti al prossimo per l’amore mio.  Un piccolo gesto. Dell’affetto. E del fascino. È l’intenzione che guardo in te. L’intenzione, capisci? Sarò indulgente, se il risultato non è perfetto».

26 agosto 1943
«Io ti ho dato tutto ciò che possiedi. Non sono forse capace di raddoppiare ancora i miei doni? Sono diventato meno ricco? Oppure ho perso dell’amore?
Posso santificarti in un istante. Ma amo il tuo lungo e paziente lavoro che ti mantiene nell’umiltà. Acquisisci l’umiltà amorosa. Ti eleverà. Lo scoraggiamento non ha mai elevato un’anima. Cammina, cammina! Io camminavo sulla via del Calvario e, nonostante tanta sofferenza, sono arrivato. Guardami. Avrai un coraggio nuovo. E fammi l’onore di chiamarmi in tuo soccorso».

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Capitolo X°

18 ottobre 1945
«Mettiti di fronte al mio volto. Ora, svolgi la tua anima. Distendila come un tessuto dispiegato ricordando le tue colpe. Quelle di ieri, quelle di oggi. Tu me le mostri senza dire nulla. E tuttavia, è una preghiera; te ne stai umile dinanzi alla tua miseria ostentata ed è la preghiera più eloquente.
La voce del giusto si leva durante il giorno e durante la notte. Qual è il suo grido, se non quello
dell’umiltà?
Vedi? Anche le tue mancanze possono avvicinarti a me. Sèrvitene per farne amore di riparazione, amore di contrizione. Tutto deve portare all’amore.
E mi incontrerai. Non avrò fatto, io, più che metà del cammino?».

8 novembre 1945
«Consideri la morte come una festa che vuoi preparare fin d’ora? Con quanta cura prepari i tuoi ricevimenti terreni? E la riunione di Lassù, non vale forse tutte le delicatezze? Affrettati, mia diletta!
Le foreste degli anni sono ingiallite come l’oro. La tua anima, piena di linfa, arriverà agli ultimi sprazzi di luce, poi rientrerà nella sua sorgente, lasciando lo sguardo di quaggiù per un sole più bello».

19 settembre 1946
«Non vuoi lasciarmi prendere gioia da te? Tu mi credi infinitamente felice; ma pensa alla gioia contingente che voi potete procurarmi e che mi è negata in tanti cuori! Questa è la tua occasione di consolarmi.
Un uomo aveva molti figli che amava d’un affetto misurato su ciascuno. Prevedeva ogni dettaglio e cercava solo di renderli felici. Alcuni si stancarono d’un tale amore e lo lasciarono con insolenza. Altri trascinati da questo esempio, se ne andarono con meno scalpore ma con la stessa ingratitudine. Altri ancora furono tentati dal piacere dell’indipendenza e si allontanarono pieni di orgoglio. Quest’uomo rimase solo con l’ultima delle sue figlie, che gli dimostrò una devozione così fedele, una tale volontà di riparare le ferite causate dai fratelli che quest’uomo, per la presenza di questa unica figlia, per il suono puro della sua voce, per i suoi gesti che cercavano soltanto di piacergli, dimenticò le colpe ingiuriose e il proprio dolore.
Vuoi essere tu questa presenza per me? Vuoi donarmi tutte le tue azioni?».
“Signore, sono così piccola”.
«Unisciti a me. Ti farò grande».

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Capitolo XI°

2 ottobre 1947
«Non credi che la mia silenziosa Madre lasciasse dovunque un solco eloquente di santità?».

9 ottobre 1947
«Dimmi che in certi momenti sei sicura di me. Questo mi consolerà degli altri momenti…».

17 ottobre 1947
Parigi, Boulevard Raspail. Pensavo che era ben monotono ricominciare ogni volta a offrire la propria giornata. Lui, vivamente:
«E io, non ricomincio forse ogni mattina a offrirmi nella messa? Ho forse mai pensato che bastasse unavolta sola? Ti costa tanto darti spesso a me, che ti aspetto sempre? L’amore moltiplica le sue parole senzaripetersi».

23 ottobre 1947
“Signore, io sono così poca cosa... Perfino quello che ho, me l’hai dato tu”.
«Chiedi di più. Chiedi meglio. E benché tu sia molto lontana dalla perfezione, chiedimela incessantemente per avvicinarti a me. Quante grazie non ottenete, perché non me le domandate!».

30 ottobre 1947
Ora santa:
«Ciò che è triste, è l’assenza di comunicazione fra il Creatore e la sua creatura. È come un silenzio di morte. Io sono la Vita e la dono. Attendila. Desiderala. La vita che dono va fino all’eternità. I beati lo sanno: riconoscono le mie vie in se stessi.
Tu, cerca di cogliere la mia azione nella tua attività. Io ti dico spesso: “Agirò tramite te, se acconsenti”. Perché io non costringo, vengo su invito. Nulla ti turbi. Donati a me come sei. Perché dovresti aspettare? Come è amabile la fretta di venire a me… essa avrà la sua ricompensa speciale. Quando si cammina, si fa poca strada; verso Dio, bisogna correre!».

9 novembre 1947
Durante la messa, guardavo entrare una persona:
«Non potresti sacrificarmi i tuoi occhi? Fa’ che guardino me. Temi ciò che ti allontana dal pensiero di me, cerca ciò che ci avvicina… Tante cose scaturiscono da uno sguardo! Tante cose scaturiscono dal pensiero… Giustamente, tu diffidi meno della tua volontà che del tuo pensiero. Fa’ di tutto per conservare il ricordo di me. Riporta tutto a me».

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Capitolo XII°

17 giugno 1948
Ora santa. Cercavo mentalmente come avrei potuto piacergli di più....
«Io non domando l’impossibile. Non chiedo nemmeno il difficile. Desidero che si venga a me con la semplicità dei fanciulli, dei figli di Dio. Oh! figlia mia, sentiamoci in famiglia!
Chi, più di me, ha diritto alla voce del sangue, al richiamo delle vostre viscere, al fremito dei cuori che riconoscono la loro sorgente? E poiché siete i figli di Dio, perché non amarlo come figli, parlargli come figli, ringraziarlo come figli pieni di gioia, poiché la gioia è il lustro dell’amore?
E pieni di una duttile ubbidienza che è il velluto della tenerezza; pieni di una costante premura che è lo sguardo del cuore; pieni di invenzioni nuove che sono la vita dell’amore. Nessuno dei sentimenti del cuore umano ha tanto bisogno di vita come l’amore.
Che in te l’una sia l’altro! Lungo le ore del tuo cammino, mira a Dio senza sosta: i tuoi occhi saranno puri. E quando cerchi di parlarmi, dimmi semplicemente: “Ti amo”. Credi che è abbastanza, credi che è tutto. In questo sono racchiusi i rimpianti, le speranze, la fiducia. E senza limiti, senza parole.
Io, io vi conosco fino in fondo. Vi penetro in piena chiarezza, nessuno dei vostri sforzi mi sfugge: io li vigilo, li sostengo. Sono sempre il padre che insegna a camminare al suo più piccolo. Puoi capire con quale tenerezza? Sii la mia più piccola».

15 luglio 1948
Avevo ricevuto per posta la prima pagina di bozze di “Lui e io”.
«Oh! siine ben lieta […]. Si capirà finalmente un po’ meglio il mio amore?
Io sono come un ricco che, avendo largheggiato per la felicità dei suoi amici più cari, si ferma commosso a considerare i suoi beneficati: faranno attenzione alle sue delicatezze? O passeranno beffardi come sul Calvario? Molti scuoteranno il capo con disprezzo. Altri rimarranno indifferenti. Ma coloro che pongono il loro spirito nello Spirito, con il desiderio sincero di possedermi maggiormente, questi conosceranno un improvviso intenerimento che li stupirà e li soggiogherà. Prega perché io mi propaghi. […]».

22 luglio 1948
Mi preoccupavo di un progetto matrimoniale per mia nipote.
«Innanzi tutto, sottoponilo a me. Io sono sempre il Creatore, come nei primi sette giorni, e la tua fiducia mi onorerà. Oh! questo problema della fiducia… Perché stentate tanto a credere? Rileggete la storia della mia vita: tanti miracoli, tanto amore... tanta semplicità in mezzo a voi… E l’invenzione della mia Eucaristia, questa mia perpetua Presenza nella vostra vita, non merita che veniate a raccontarmi tutto ciò che vi occupa con una tenera apertura del cuore?
Non compiangeresti un amico che non ricevesse mai confidenze? o un padre affettuoso al quale non si chiedessero consigli?
Allora, Gesù Cristo… potreste tenerlo in disparte? e proprio nei crocevia della vostra esistenza? Quale via prendere? Io presiedo perfino al sangue che scorre nelle vostre vene; fatemi l’onore di crederlo e di ringraziarmene.
Ti ricordi lo scrigno di tua madre? Con quanta cura lei ci riponeva i suoi gioielli e le altre cose preziose! Il mio cuore è lo scrigno delle anime. Esse vi stanno rinchiuse senza mai perdere splendore. O dolce Dimora, più dolce del velluto».

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Capitolo XIII°

18 agosto 1949
Mi dovevo sottoporre ad un’operazione chirurgica:
«Che importa quel che può succedere? Poiché mi appartieni, poiché abiti nel mio amore? Poiché il tuo cammino terreno sfocerà in una vita senza fine? Che tutto ti ci conduca! Invitami a fare accanto a te quest’ultimo tratto di strada. Che sia soprattutto il più intimo e il più lieto, poiché noi avremo sempre lo stesso passo. Hai la tua canzone di strada, la volontà di Dio? Nessuna avvince di più. La canteremo a due.
Puoi star sicura che non mi allontano quando i miei amici soffrono. E la mia Presenza è un tale conforto che essi arrivano a desiderare di soffrire sempre. Dunque, tienimi stretto a te, perché possiamo camminare meglio. Oh! la bella via che conduce all’Eternità. Non essere triste, ne soffrirei. Poiché morire è venire a me. Poiché perdendoti tu mi trovi… Vuoi che finalmente siamo uniti?».

8 settembre 1949
In clinica, dopo l’operazione:
«Vedi, avrei potuto venire a prenderti e tu ti saresti lasciata portar via con gioia. Ma vuoi lavorare ancora un po’ per la mia Gloria? E lietamente? Non è forse vero che a nulla vale vivere, se non per servirmi? E credi che sono io che ti servo perché tu possa servirmi? Ti darò ancora tutto quel che serve al tuo cuore e alla tua intelligenza.
Quando ti sono venuto meno? Tu, non venirmi meno. E, insieme, scorreremo le maglie di quel che ti rimane da vivere sulla terra. Insieme, sempre.
È una parola forte, non è vero? Quando senti la tua debolezza, come oggi, impadronisciti della forza di tuo Fratello, per amare, per lodare, per ringraziare il Padre comune. Non privarlo di alcun sorriso: è un “Amen” felice. Allo stesso modo, dai al prossimo. Ha tanto bisogno di gioia e di benevolenza. Non rimpiangere mai di esserti data senza risparmio. Vai a dritto. Vai forte. Vai come quando si va a Dio».

29 settembre 1949
Convalescenza:
«Non è vero che vedi la differenza fra la vita che mi offrivi prima di questa prova e la vita che vuoi offrirmi ora? Non è vero che ti ha fatto bene avvicinarti all’orlo della vita per guardare con gli occhi della verità che cosa è la terra, che cosa è la Vita eterna? Non credi che sia stata una nuova maniera del tuo Dio per attirare la tua attenzione e farsi afferrare più da vicino? Figlia mia, come è pieno di inventiva il mio Amore! Come desidera potervi catturare mentre correte… Quanti mi schivano e mi sfuggono! Tu, lasciati prendere. E senza più fiato, ora che hai sofferto, riposa sul mio Cuore. Credi che non sappia la prova che ti ho chiesto? Ciò che più conta, vedi, è che tu non abbia dubitato dell’Amore, nonostante tutto. È che tu abbia detto: “Fiat” e ti sia abbandonata a qualunque cosa potesse arrivare. Ed è questa la vostra forza sulla potenza del vostro Dio. Siete voi che guidate il cielo con il vostro totale abbandono, perfettamente fiducioso. Ora, noi non ci lasciamo più. Io racchiudo la tua vita. Sono il tuo globo.
Se tu ardi, è nel mio fuoco. Se tu procedi, è nel mio passo. Se tu respiri, è per mio tramite.
Vedi, come la gioiosa accettazione della mia volontà può fondere un’anima in uno stato superiore, un gradino impensabile! Vedi, come bisogna dire “Grazie” con tutta la forza del tuo cuore! Vedi, come bisogna lasciarmi fare nelle vostre vite, poiché io ho svolte improvvise, che non erano nelle vostre previsioni! E quando la Fede o lo sguardo dell’Amore ve le fa comprendere, voi date una gioia indicibile al Padre vostro, a Lui che, nel tempo delle vostre tristezze o in quello delle vostre gioie, è sempre e soltanto Amore».

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Capitolo XIV° (ultimo)

12 gennaio 1950
Ora santa: io mi stupivo della straordinaria rapidità con la quale si era esaurita la prima edizione di “Lui e io”.
«Attribuiscilo alla mia volontà, assecondata da quella del Cuore addolorato e immacolato di mia Madre. Sai che cosa facciamo scrivendo queste pagine? Togliamo il pregiudizio che l'intimità dell'anima con Dio sia possibile solo per un religioso nel chiostro, mentre il mio Amore segreto e tenero è in realta per ogni anima. Essa ne ha misteriosamente il desiderio, ed è così vero che ciascuno vuol possedere l'esempio e il mezzo di giungervi.
Ah! figlia mia, che gioia per me e per te se ogni creatura diventasse finalmente per me l'amico fedele, e mi offrisse il suo cuore come sua sala più riservata, per mia abituale dimora.
Care creature, ancora timorose, osate credere, osate sperare, osate amare. Trascinatene altre in questa catena d'amore. Che questo movimento continui fino all'ultimo dei vostri giorni sempre più rapido, come un ultimo flusso nel mare.»

19 gennaio 1950
Ora santa:
«È passato molto tempo dal nostro ultimo cuore-a-cuore in un'ora santa: otto giorni...
Abbi numerosi slanci spontanei e gioiosi, come quando eri piccola. Quando potevi prenderti una vacanza, tu saltavi al collo di quelli che amavi! E, quando lasci la città per venire in questa campagna, rivedendola a un tratto, nel primo abbraccio del tuo sguardo sulla Loira e sulle isole, non è vero che ritrovi tutti l'incanto della tua giovinezza?
Allora, quando ti allontani dagli obblighi mondani, dalla vita materiale, e puoi, per qualche istante, rientrare nel tuo cuore, dammi l’effusione gioconda, quasi infantile, della tua giovinezza spirituale, rapidamente, amorosamente e con tutto il cuore; per poi ripartire e continuare il tuo lavoro fra gli altri e per il mio servizio.
Non essere timida quando si tratta di amarmi, poiché mi dai gioia e mi consoli dalle freddezze della terra... Forse ho contato troppo su di te? Sarò forse deluso? Ho anch'io dei sogni, delle speranze; non dimenticare che sono anche Uomo. Posso dirti “non togliermi le mie illusioni”?... Hai osservato? Di notte anche le stelle si prestano l'un l'altra la luce. E quando stai davanti a Me, mia Gabrielle, guardami con una grande tenerezza, e pensa che è altrettanto dolce essere visto che vedere.»

20 gennaio 1950
Quarant’Ore:
«Forse che la terra basta, a te?»

21 gennaio 1950
Quarant’Ore: “Signore, io voglio intensamente riparare per me e per gli altri, intensamente consolarti, e mi hai detto che per Te è l'intenzione che conta e sei indulgente quando questo non riesce bene.”
«Non t'ho detto anche di sperare perdutamente?»

26 gennaio 1950
Ora santa: il freddo era intenso; non accendevo il fuoco per onorare l’Anno Santo.
«È poca cosa, figlia mia, se in cambio della tua penitenza tu mi riconduci un peccatore! Tu non senti più il freddo di ieri, e non senti ancora quello di domani. Non si tratta dunque che di questo minuto, e che cosa è un minuto di disagio in confronto a un'anima che non cadrà in inferno, mi loderà eternamente? Come si dimentica, in questo secolo, di far penitenza!... Non sarebbe meglio di più abbandonarvi ad essa liberamente piuttosto che subirla come per forza? Che la gioia non ti abbandoni mai: è il lustro della mortificazione, è la dolcezza intima dell'amore. Accanto al tuo focolare spento è il fuoco del tuo cuore che viene ravvivato dallo Spirito: ed è il fuoco dell'inferno che stai spegnendo per alcuni. Indovini ciò che sento, mia piccola sorella di lavoro?»

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