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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Lui e io: diario spirituale di Gabrielle Bossis - Capitolo VIII°

Festa di Ognissanti 1941
Durante la messa solenne:
«I posti lasciati dagli angeli ribelli non sono ancora esauriti in cielo! Tutti, voi siete tutti chiamati,ciascuno per nome. Oh! figli miei, che disgrazia se non rispondete…
Se un uomo ricco, proprietario di un grande castello in cima alla montagna, avesse invitato gli abitanti della valle ad andare ad abitare con lui, e questi abitanti, temendo la fatica della salita, non volessero darsi almeno la pena di tentare: non credi che il ricco, consapevole delle splendide gioie del suo castello, proverà un vivo dispiacere per la negligenza degli invitati?
Aiutami a farli salire tutti! E chiedi a quelli che sono già arrivati, di aiutarci».
Svegliandomi, Lui:
«Il tuo giorno: una vita. Al risveglio è la tua nascita. La messa, la tua prima Comunione. La giornata, come la vita: dispiaceri e gioie. Tutto offerto a me, in me. E io ti porterò sul mio Cuore pieno d’amore. Preparati al sonno come alla morte: nell’amore, per la mia gloria; e domani avrai nuovamente la vita sul mio Cuore che è attento a ognuno dei tuoi passi, figliolina mia».

13 novembre 1941
La sera:
«Chi potrebbe impedirti di restare al mio fianco durante la mia agonia? Chi, se non tu stessa? Sei libera. Vuoi darmela, questa libertà? Dimmi: “Non ho più libertà perché te l’ho donata”.
“Sì, mio Signore. Non hai tutte le chiavi di casa mia?”.
«Amo sentirtelo dire. Non avere paura di ripeterlo. Vedi, se t’incateni con l’amore, non sentirai il freddo delle catene. L’amore rende tutto facile. Vai dunque con gioia verso ciò che ti costa di più, poiché l’amore ti porterà.
È tempo che ci uniamo più strettamente: è già la sera della vita. Che non manchi nulla ai preparativi della festa. E se ci amiamo, perché non unirci? Ma tutto deve essere fatto nell’esultanza, che è una prova d’amore.
Con quale gioia interiore ho abbracciato la mia croce quando me la portarono. La mia croce!…Da tanto tempo la desideravo… Per voi e per ubbidire a mio Padre: era la vostra salvezza. Salvare il mondo! Sai che cosa ha significato per me? Oh! ringrazia, bambina mia.
Credi che molti abbiano pensato a ringraziarmi? Eppure, tutto fu completato nella corona dei dolori. Loro non ci pensano. Non ci credono.
Tu che sei qui, stasera, nella nostra solitudine, dimmi, per consolarmi degli altri le parole più delicate del tuo cuore. Sarà come un’esalazione di profumo. E dimenticherò gli ingrati, ascoltandoti…
Voi avete su di me dei poteri che vi stupirebbero, se li conosceste. Miei cari piccoli… Quanto vi amo!…».

28 novembre 1941
Mentre mi preparavo all’Ora santa:
«Prima del tuo colloquio con me, fatti presentare da mia Madre, da San Giuseppe e dai tuoi angeli, come da una corte che mi onorerà e colmerà le tue mancanze.
Un fanciullo non entra da solo nel salone: alcuni adulti lo attorniano e parlano per lui. E io, io chiedo che lo si lasci venire a me. Tutte le anime sono i miei fanciulli. Credi che li sgridi? No, li accarezzo sempre per accrescere la loro fiducia (tu lo sai, tu che sei colma della mia dolcezza). L’amo tanto, questa confidenza dei miei bambini, e il loro sguardo diretto.
Oh! Riponi in me tutto quello che è tuo, i tuoi desideri, anche i più irrealizzabili. Fra le mie mani, tutto è semplice. Ho chiesto la tua fiducia fino al miracolo.
Allora comincerò a essere soddisfatto. Avresti mai pensato che ti avrei salvata fino al punto di subire una atroce Passione e una morte ignominiosa?
Avresti mai pensato che avrei inventato un Sacramento come l’Eucaristia? Per vivere fra voi e nutrirvi?
Avresti mai pensato al perdono delle colpe più grandi dopo una semplice confessione e il pentimento?
Questo supera la tua concezione della bontà.
E ora, non posso fare grandi cose per voi? Il mio potere è forse diminuito?
Oh! che ogni anima si avvicini, mi esponga i suoi bisogni, mi mostri tutte le sue debolezze e desideri ardentemente da me la sua guarigione. Chiedi l’amore. Chiedi la santità.
Ricorda quei due apostoli che hanno osato chiedermi di sedersi uno alla mia destra, l’altro alla mia sinistra nel mio Regno: che cosa non si aspettavano da me!
Anche tu, attendi tutto da me. Sarà una prova del tuo amore, essa ornerà il mio cuore. Chiedi la santità. Chiedimela ogni giorno. Mettici tutte le tue cure: siate santi, come mio Padre ed io siamo santi. Entra in me e io ti porterò. Da sola cosa potresti fare, mia povera bambina!… Ma tu hai il mio amore. Prendilo.
Facendo un tutt’uno con Me, la tua forza è sovrumana. Sei pronta ad amarmi? Sei pronta a sperare?».

Natale 1941
Nella cattedrale:
«Poiché sono sceso fra voi, quale non è la mia immensa potenza, messa al vostro servizio dall’amore?
Non dubitare che io possa portare il tuo lavoro di trasmissione sino ai confini del mondo. Chiedi anche che venga il mio Regno! Chiedi!».

1942

2 gennaio 1942
Durante la messa:
«Mantieni la tua veste senza macchie. Voglio dire, macchie volontarie.
Se tu passeggiassi in campagna, e uno spino o dell’erba verde macchiasse la tua gonna bianca, sarebbe poca cosa. Ma se tu vi avessi fatto dei buchi con delle forbici, o dei disegni grossolani con l’inchiostro, che negligenza… che disprezzo del bello!…
Fare questo sull’anima è più grave, perché essa è la mia immagine».

27 gennaio 1942
«Ricordati che mi hai promesso di essere più santa oggi di ieri. Sarà il tuo motto quotidiano».

12 febbraio 1942
«Quando preghi, guardami. Entra nel mio pensiero eterno, altrimenti sei portata via dalla distrazione. Ricordati: voi siete tutti solidali. Un’azione fatta bene aumenta il tesoro della Chiesa.
Ah! Figliolina mia, non lasciar passare nessuna occasione di arricchire te stessa e gli altri.
Studia bene il modello della mia vita, come facevi nei tuoi quaderni di bambina, e non stancarti di scrivere sulle pagine che restano prima della fine della tua vita, più per farmi piacere che per la ricompensa.
E io, che sono sempre qui a guardarti, coglierò con amore questo tuo desiderio di piacermi.
Non preoccuparti più di te. Tutta trasferita in me, pensa a me. Da qui, irradia su tutti. Non sarai più tu, sarò io».
“Signore, io prometto, io desidero, ma in realtà… che cosa faccio?”.
«La mia Misericordia è felice di accettare le promesse e i desideri che, a poco a poco, divengono atti: promesse e desideri sono atti in germoglio.
Non scoraggiarti mai. Pensa spesso che io sono presente. Posso essere presente e non aiutarti?
La creatura non è infinitamente cara al Creatore? Se tu sapessi... Tendi spesso l’orecchio verso di me: intenderai.
Giovanni, appoggiato al mio Cuore, ne intese i segreti. Se non avesse avuto questo gesto di tenerezza, avrebbe inteso? Io sono come il timido: mi ci vuole il vostro primo passo».

1° marzo 1942
Dopo la Comunione:
«No, non c’è nessuna occupazione che impedisca di pregare. Io, non recitavo forse i Salmi, coperto di colpi e di piaghe, trascinandomi sul cammino del Calvario, in mezzo alla folla urlante? E sulla Croce? La mia povera Croce…
E tu, troveresti difficile pregare nelle tue piccole, comode occupazioni? Oh! unisciti a me».

24 marzo 1942
«Far piacere è fare il bene. Non lesinarlo a nessuno, soprattutto a coloro che ti avessero fatto del male. E per unirti a me, di’: “Prego con la tua preghiera. Lavoro con te che lavori. Parlo con la tua parola”.
Mettici tutta la tua tenerezza, figliolina mia».

7 giugno 1942
Durante la messa:
«Lascia le tue piccole distrazioni abituali. Sprofondati in me. Cosa aspetti per far meglio, per rispondere meglio?
Hai notato il canto degli uccelli? Nella stagione dei nidi, non hanno la stessa voce. E il tuo grido d’amore, forse che non cambierà quando la Grazia cresce in te? Non troverai accenti più penetranti? più commoventi? Dimmelo. Provamelo».

20 giugno 1942
A Le-Fresne. Salivo la vecchia scala e offrivo ogni scalino: “Signore, come puoi gradire simili inezie?”.
«Quelle che voi chiamate “inezie”, hanno però impiegato la vostra intelligenza, per servirmi, la vostra memoria e la vostra volontà. È qui il vostro essere. Dovunque voi impiegate per me il vostro essere, io lo prendo. Capisci?».

28 luglio 1942
«Io sono qui lo stesso Cristo che è in Cielo. Cerca di essere anche tu la stessa di domani».

19 agosto 1942
«Per aiutarti a sbarazzarti di un difetto, pensa che mi dispiace di vederlo nella tua anima. Cerca di compiacermi in ogni circostanza, come una sposa che cura sempre il suo abito o mette un abito nuovo per fare una sorpresa al suo unico amore. Io sono sensibile a una delicatezza più che il più sensibile degli esseri umani. E non credere di perdere il tuo tempo se ti ingegni ad incantarmi.
E se gareggiassimo in delicatezza? L’angelo e Giacobbe. Credi pure che sono io a fornire le armi.
Oh! figliolini miei, come vi amo… Acconsentite a essere amati. Lavorate a credere. Lasciatevi fare… È già molto. Tanti impegnano tutte le loro forze a sbarazzarsi di me… Trovano pretesti per attribuire al caso i favori che faccio loro. Non sarebbe più dolce ringraziarmi, ringraziare me, l’Amore? Poiché tutto viene da me. Tutto viene dall’amore e dalla tenerezza. Sappiate vedere in me il Dio, ma anche l’Uomo.
Avvicinatevi di più. Che cosa vi fa paura in me? Si ha paura di un piccolissimo bambino in una mangiatoia? Si ha paura di un uomo disteso a terra, che offre ai chiodi i suoi piedi e le sue mani?…».

16 dicembre 1942
«Vedi me negli avvenimenti. Io sono il Direttore, tu amerai tutto in questa direzione. Mi tenderai le braccia nei fatti dei tuoi giorni. Ci avviciniamo all’Incontro. Cominciamo a tenderci le braccia da una riva all’altra. Rive del tempo, rive di eternità. Dimmi che passerai volentieri da una sponda all’altra, con il cuore che balza di gioia e di desiderio, come l’agnello della vallata. Dimmi che ormai i tuoi giorni passeranno facendo preparativi, come ripetizioni d'amore al tuo Maestro, al tuo Grande, al tuo più Caro».

1943

1° gennaio 1943
La sera, nella mia camera:
«La parola d’ordine per il 1943? “Nei nostri cuori”. Tu sarai nel mio, e io sarò nel tuo».

14 gennaio 1943
«Aiutami a salvare i peccatori. Ce ne sono tanti… Non fu questo il mio più grande dolore nel Getsemani? Li vedevo tutti insieme. Prendevo le loro colpe come mie, che onta!… Agonizzavo per loro. Morivo per loro. Quanta sete ho! Che lo sappiano.
Sappiano che io sono tutto perdono, che chiedo loro di essere, a loro volta, perdono e misericordia verso i fratelli; che la loro vita deve essere ormai devozione e penitenza; che vi troveranno gioie maggiori dei piaceri che trovavano nel loro traviamento.
Ah! se sapessero che cosa significa essere nel mio Amore… Non lo sai, tu? Che cosa può colpirti?
Tu sei nel mio cuore. Restaci sempre. Dove andresti per stare meglio, dove?
E io, io sono come quel padre che tiene stretto il suo piccino per timore che scappi dietro ad una sciocchezza. Trovo sempre le mie delizie tra i figli degli uomini.
Tu puoi dirmi parole ancora più dolci nella nostra solitudine, a due. Tu puoi guardarmi più spesso, se veramente sei sicura della mia presenza. Con il tuo sguardo, avrò il tuo sorriso».

18 febbraio 1943
Mentre entravo in chiesa:
«Ti aspettavo. Mettiti ai miei piedi, silenziosa. Dico “silenziosa” perché ogni pensiero e ogni ricordo delle cose terrene si taccia. Ti voglio tutta per me. Lo vuoi anche tu? Io non prendo nulla con la forza.
Tante volte, aspetto…
Ti ricordi di quel povero pazzo che ogni giorno andava sulla strada incontro a sua figlia, morta da un pezzo? Io aspetto i miei figli.
Alcuni sono morti da tempo alla vita della Grazia… Prega perché mi diano la gioia di credere finalmente alla mia misericordiosa tenerezza.
Altri vivono della vita del Padre, ma sono distratti dalle preoccupazioni e dall’ansia di guadagnare denaro. I miei più intimi, quelli che mi hanno capito meglio, quelli che sono divorati dallo zelo della mia casa, quelli che desiderano essermi i più cari come Giovanni e Lazzaro e Maddalena, costoro sì, bevono alla sorgente di un’acqua che non si esaurisce mai.
Non trovi che sono sempre nuove le parole dalla mia bocca al tuo orecchio? Non vi trovi una forza che ti stupisce?».

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