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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

San Giovanni Climaco - La scala del Paradiso (estratto)

"Se invocherai Dio di poter fare soltanto la sua volontà, otterrai di averlo come pilota del tuo cuore." 

Discorso XXVII sull'esichia del corpo e dell'anima

Qui solo un approccio al tema dell'esichia: PG 1096C-1097B
177. In quanto eternamente schiavi delle empie passioni e venuti a patti con loro, noi conosciamo in qualche modo come per esse siamo ingannati, i comportamenti che tengono, la dura tirannia, le malvagie astuzie e la violenza che esercitano gli spiriti del male sulla povera anima nostra.
Altri invero per la potenza dello Spirito Santo si sono resi conto sul modo di allontanare le loro perverse suggestioni. Qualcuno infatti da Lui illuminato ha cominciato a capire cosa vuol dire essere stato liberato dalla sua affliggente malattia ora che ha riacquistato la salute; qualche altro che già sente il benessere della salute riacquistata fa induzioni e congetture sulla natura disanimante del morbo.
Per parte nostra, paventiamo della nostra debolezza e quindi esitiamo ad affrontare il tema dell'esichia come del porto dell'anima, ben sapendo che c'è un cane appostato a questa tavola del santo convito, che ha deciso di rapinare l'anima sottraendo il pane dalla tavola e, portatoselo alla bocca, di correre lontano per mangiarselo in tutta tranquillità.
Per togliere spazio a questo cane, non intendiamo fare la filosofia dell'esichia o una dotta esposizione dei principi di ricerca, pensando non sia giusto parlare qui di pace a gente che sta in guerra, e combatte coraggiosamente sotto le insegne del nostro Re, diremo soltanto che le corone della pace e della quiete sono riservate a coloro che hanno valorosamente lottato. Se credete, con il dovuto discernimento accenniamo a quanto siamo venuti dicendo nel corso del nostro dire senza svilupparlo, ma sì che nessuno abbia a lamentarne la insufficienza.
L'esichia fisica consiste nel saper sistemare i comportamenti e i relativi nostri sentimenti. Quella spirituale è disciplina sistematrice dei pensieri e custodia inviolata della mente. Ama l'esichia il pensiero vigoroso e conciso, sempre vigile alla porta del cuore per eliminare o respingere quelli che dall'esterno vorrebbero in esso irrompere. Chi ha l'esichia nel senso del cuore sa quel che voglio dire. Uno ancora bambino inesperto non può né gustarlo né conoscerlo. Il perfetto esicasta non avrà bisogno di altre parole, perché illuminato sulle ragioni delle cose.

Esichia dei principianti e dei perfetti: il topo spirituale: PG i 097B-1097C
178. L'esichia iniziale tiene lontani i rumori perché sconvolgerebbero il suo profondo; quella perfetta consiste nel non temere il tumulto cui è ormai insensibile. Chi progredisce nell'esichia non soltanto a parole dà spazio abitabile con la sua amabilità ad ogni espressione di carità: difficilmente si muove a loquacità, non si muove affatto a sdegno: il contrario è chiaro. L'esicasta poi lotta per circoscrivere dentro il corporeo l'incorporeo, cosa veramente straordinaria: la mente dell'esicasta sorveglia il suo pensiero come la cacciatrice del topo questo roditore; non ti dispiaccia l'esempio del topo spirituale, ti dà un'idea di quello che è l'esichia. Non si tratta di un comportamento come del monaco che sorveglia un altro monaco, del monaco che sebbene bisognoso di tanto digiuno e fermo proposito spesso corre in aiuto del fratello collaborando con l'angelo di questi. Gli esicasti imitano le potenze spirituali che celebrano insieme la divina liturgia e con l'anima si intrattengono in rapporti d'amore. Non sto a parlarti del caso contrario. Sono dottrine profonde, abissali; la mente dell'esicasta vi si lancia non senza rischio.

Nudi per nuotare, accesi per infiammare, chiusi per santificarsi: PG 1097C-11OOC
179. Chi è ancora immerso tra le passioni non può lanciarsi nel dialogo con Dio, ché correrebbe il rischio di chi si lanciasse a nuoto avvolto nelle sue vesti. La cella dell'esicasta circoscrive il suo corpo, e lì dentro egli dà spazio alla conoscenza. Chi, ancora psichicamente ammalato e avvolto tra le passioni, volesse cominciare a fare l'esicasta assomiglierebbe al navigante che si lanciasse dalla nave credendo di poter raggiungere la terraferma aggrappato ad un asse senza correre alcun pericolo. Chi combatte col fango a suo tempo potrà vivere in esichia, se e quando abbia avuto una guida. Poiché il solitario - parlo del solitario in senso stretto - cioè nel corpo e nello spirito da vero e proprio esicasta deve avere una forza angelica.
Rinnegherebbe l'esichia e mentirebbe un tiepido che accondiscendesse agli umani cavilli che lo spingessero a prendersi una vacanza dal suo stato di esicasta. Lasciando la cella darà la colpa ai demoni, dimenticando che è lui il demonio tentatore di se stesso. Ho visto io cosa vuol dire essere esicasti: non facevano che rinfocolare le fiamme del desiderio di Dio, riempiendosi e mai sentendosi abbastanza pieni; aggiungere sempre fuoco a fuoco, amore ad amore, desiderio a desiderio. L'esicasta è un angelo in terra; egli, liberatosi dall'accidia e dalla pusillanimità, nella sua orazione scrive sulla carta del desiderio lettere perfette che esprimono il suo impegno nell'amore. Era un esicasta colui che gridava: «O Dio, è pronto il mio cuore» . Era un esicasta colui che diceva: «Io dormo, ma il mio cuore veglia».
Chiudi fisicamente la porta della cella per il tuo corpo, ferma la porta alla lingua perché non parli, sbarra la porta dal di dentro contro gli spiriti. La mancanza di tante cose allora rivelerà provandola la fortezza dell'esicasta, nel mezzogiorno quando la bonaccia mette alla prova la resistenza del marinaio. Questi per impazienza si getterà nell'acqua a nuoto; quello preso dal tedio bramerà tornare tra la folla. Tu non temere gli scherzi di quelli che ti frastornano, poiché la compunzione non conosce viltà né costernazione. Quanti hanno veramente appreso a pregare mentalmente sapranno instaurare il colloquio quasi parlando all'orecchio del Re; quanti sanno fare preghiera vocale si prostreranno a Lui nella grande adunanza; quanti vivono nel mondo pregheranno il Re tra il tumulto del suo popolo.
Se hai imparato l'arte, intenderai quel che dico. Dall'alto della torre sorveglia come ti ho spiegato; e allora potrai discernere come, quando e donde, quanti e quali ladri entrino nella vigna a rubare i grappoli. Chi non si stanca di fare la guardia, si alza e prega, ritornerà a star tranquillo, attendendo con coraggio al suo lavoro. Così un tale ricco di questa esperienza, che avrebbe voluto parlarne sottilmente e con esattezza, temendo di rendere trasandati nel servizio di Dio i fervorosi ovvero di scoraggiare quanti avevano scelto l'esichia al suono delle sue parole, se ne astenne. Chi ne parla con sottigliezza e sapienza eccita contro di sé i demoni, perché nessun altro potrebbe trionfare della loro malefica attività con sì felice risultato.

L'esicasta vive nel silenzio per ascoltare Dio, spiritualizzandosi: PG 11OOC-11O1B
180. Chi si impegna nell'esichia infatti riesce a penetrare le profondità dei misteri. Ma non vi si cimenta senza aver prima affrontato il fragore dei flutti, il soffiare dei venti diabolici; lo fa dopo avere visto, udito e fors'anche dopo essersene contaminato. Lo conferma Paolo, che peraltro non avrebbe potuto ascoltare arcane parole senza essere stato rapito in paradiso come in esichia. Nell'esichia l'orecchio intende le straordinarie parole che Dio gli fa sentire, perché essa è ricca di sapienza; perciò fu questa a parlare con Giobbe in quei termini: «Non intenderà forse il mio orecchio le straordinarie parole che Egli mi ha fatto sentire?».
Esicasta è chi fugge il mondo senza odiarlo; lo fugge come altri corre dietro alle sue mollezze, cioè perché non vuole gli siano tagliate le dolcezze di Dio. Perciò lascialo immediatamente, distribuisci il tuo tempo per potere pregando raggiungere l'esichia, applicando a te le parole: «Vendi quello che hai e dallo ai poveri» e le altre: «Prendi la tua croce e seguimi» . Portando il peso dell'ubbidienza e sopportando l'amaro taglio della tua volontà con tutta la tua forza, poi lo seguirai aderendo alla beatissima esichia dove imparerai a vedere quanto operano e come vivono beate le potenze spirituali che mai cessano di lodare il Creatore per i secoli dei secoli; né tu sarai privo dei loro inni al Creatore, una volta entrato nel cielo dell'esichia.
Come gli esseri immateriali non si curano della materia, gli spirituali uniti alla materia non si preoccupano di ciò che l'alimenta; i primi non sentono il gusto del cibo e i secondi non hanno bisogno di procurarselo, in quanto quelli non hanno beni di uso o di possesso cui badare e questi non hanno mali spirituali da cui guardarsi da parte degli spiriti malvagi: gli esseri celesti non hanno interesse a volgere lo sguardo alle creature materiali e gli spirituali non hanno interesse per le forme sensibili una volta che hanno diretto i loro desideri lassù. Come gli esseri celesti progrediscono nell'amore senza mai cessar di migliorare, così gli spirituali non fanno che emulare ogni giorno i celesti; gli uni sanno bene che tesoro sia quel progredire, gli altri non ignorano il valore di amore che li fa salire continuamente fino alla meta dei Serafini, cioè fino a diventare essi stessi angeli attraverso un cammino ben travagliato e mai interrotto. Felice chi spera di giungere a tale stato, mille volte beato chi per diventare angelo ha fatto di tutto per esserlo.

APPENDICE AL DISCORSO XXVII - DIFFERENZE E DISCERNIMENTO TRA LE ESICHIE

Due categorie di esicasti: idioritinici e contemplativi: PG 11OSA1105
181. In ogni statuto epistemologico, come tutti sanno, vi sono differenze di ordine logico ed etico, perché non tutti ne raggiungono la perfezione in tutto e per tutto per mancanza di impegno o per difetto di capacità. Vi sono quindi molti approcci al porto dell'esichia che è piuttosto un mare o un abisso. Certuni vi entrano per una fuga dalla loro debolezza nel governare la lingua o da altre predisposizioni fisiche. Vi sono di quelli che vi entrano perché disgraziatamente sono di temperamento iroso sfortunatamente incapaci di dominarlo nella comunità. Ve ne sono che vi si decidono perché mirano all'indipendenza da qualsiasi guida nel navigare il mare dell'ascesi; alcuni perché non si sentono di distaccarsi dalle cose materiali restando in mezzo ad esse, altri perché vogliono coltivare il loro impegno vivendo per conto proprio; alcuni per rimanere sconosciuti nelle loro penitenze per i peccati, altri invece per motivo opposto della gloria che può provenirne loro.
A un'altra categoria appartengono, ma stanno scomparendo sulla terra e il Figlio dell'uomo al suo finale ritorno non ne troverà, quanti si sono messi per la via dell'esichia stretti ad essa in nozze sante, attratti dalle sue delizie e dalla sete dell'amor di Dio, dopo aver dato il libello di ripudio all'accidia riputando adulterio aderire a questa dopo essersi uniti a quella. Questi stanno nella scala che come buon architetto nei limiti della scarsa conoscenza elargitami io cerco di costruire. Che ognuno sappia in quale scalino si trova facendo attenzione alla qualità di esso. Perciò chi cerca l'indipendenza o la vanagloria, chi non sa dominare la lingua ovvero l'ira, chi si trova avvolto dalle passioni o deve far penitenza dei peccati, chi vuol diventare fervoroso o aggiungere fuoco a fuoco, scelga ricordandosi che gli ultimi potranno essere i primi e i primi gli ultimi, e delle sette giornate operative della vita presente alcune saranno accette altre no e solo 1' ottavo giorno significa la vita eterna che ci attende.
Attento, o monaco, tu che ti sei fatto solitario come le fiere, sorveglia perché altrimenti non potrai collocare al loro giusto posto le tue reti. Guarda se l'accidia da te ripudiata si è definitivamente allontanata ovvero ti si può ancora presentare innanzi. In questo caso non saprei come possa vivere in esichia. Perché mai i santi di Tabennesi non furono così grandi come i luminari di Sceti? Lo veda chi ha illuminata la mente. Quanto a me, non so rispondere, o meglio, non intendo rispondere.

La vera osservanza nella vita anacoretica e cenobitica: PG 1105C- 1108D
182. Alcuni s'impegnano a ridurre le loro passioni, altri a salmodiare; parecchi sono peculiarmente perseveranti nella preghiera, certuni sono protesi nella vita contemplativa. Li capisca chi può nel Signore. Quanto a quelli che vivono la vita cenobitica, non mancano anime fiacche che pascendosi delle loro cose materiali vanno incontro alla loro rovina, ma ve ne sono di quelle che dalla vita comune traggono motivo per uscire dalla tiepidezza o spesso per passare da una vita meno impegnata a una vita fervorosa.
Applichiamo lo stesso schema anche per distinguere quanti vivono in esichia. Alcuni di essi sono di fatto riconosciuti eccellenti, ma non lo sono più dal momento che per la loro indipendenza dimostrano piuttosto amore al piacere. L'esichia rende fervorosi quanti abbia accolti impegnati nel bene, trepidanti e solleciti di deporre il bagaglio dei loro peccati per timore del giudizio. Ma nessuno vi acceda ancora sconvolto dall'ira e dalla superbia, dall'ipocrisia e dal ricordo delle offese, perché non trarrebbe altro che alienazione. Chi invece si è già purificato può discernere quel che gli occorre; o forse neppure lui!
Comunque sono segni o stadi o prove che si possa partecipare alla classe degli esicasti, non soltanto a parole, uno spirito non agitato e una mente pura, l'esperienza del rapimento in Dio e la meditazione delle pene, sentire vicina la morte e non saziarsi mai di pregare, guardarsi dal venir depredato ed estinguere la libidine, non avvertire più le passioni e morire al mondo, non appetire più cibi gustosi ed essere disposti a dialogare con Dio, cercare la fonte del discernimento e mantenere il patto con le lacrime, eliminare la loquacità e simili comportamenti da cui è aliena la gente ordinaria. Al contrario, non possono considerarsi veri esicasti coloro che mostrano una povertà che non abbandona le ricchezze e un'irascibilità sempre più grave, un certo ricordo che accumula risentimenti e una diminuzione della carità, un aumento di alterigia o certi altri comportamenti di cui mi par bene tacere.
Occorre a questo punto del discorso soprattutto dire di quanti vivono sotto obbedienza, anche perché ad essi si rivolge particolarmente per lo più quel che dico. Ad essi che fedelmente e impeccabilmente si sono piegati al bene sposando l'ubbidienza sono rivolte le parole dei Padri che a nome di Dio ne definiscono le qualità distintive, cui noi giorno per giorno abbiamo aggiunto qualcosa secondo che siamo andati progredendo: circa la crescita nell'umiltà iniziale, la diminuzione dell'ira che non potrebbe mancare una volta svuotata la bile, l'eliminazione delle tenebre e l'aumento nella carità, l'alienazione dalle passioni e il dissolvimento dell'odio, il decremento della sensualità per via della correzione, il non avvertire più l'accidia e l'avvertire il bisogno della vigilanza, l'amore compassionevole e l'estraneità alla vanagloria. Tutti debbono proporsi tali comportamenti, ma pochi si approssimeranno all'ideale che necessariamente sfugge per la natura delle cose: se la fontana non dà acqua, è fuor di luogo chiamarla sorgente. Sottintendo il resto, che intenderanno quanti hanno intelligenza. Basti dire che quando l'anima non osserva il patto sancito spiritualmente si contamina, come la sposa che non osservando la fedeltà del talamo ne rimane corrotta nel corpo. Se a questa toccano biasimo, odio, frustate e abbandono come massima pena, all'anima sopraggiungeranno violazioni, dimenticanza della morte, insaziabilità del ventre, nessuna padronanza degli occhi, attività per la vanagloria, durezza di cuore, aridità spirituale, insensibilità, pensieri cattivi nel ripostiglio del cuore, schiavitù dell'anima, dissipazione nell'operare, rifiuto dell'ascolto, spirito di contraddizione, cedimento alle passioni, mancanza di fede, incertezze, loquacità, abuso della libertà che è il male peggiore, e infine, la cosa più deplorevole d'ogni altra, il venir meno della compunzione del cuore cui fa seguito nei più negligenti l'insensibilità letargica che è origine di tante cadute.

Il vero esicasta: PG 1109A-1 I 09C
183. Mentre coloro che vivono sotto ubbidienza lottano contro tre demoni (mente, corpo, bocca), quelli che sono nell'esichia devono combattere con gli altri cinque (tentazioni a livello mentale, come quelle superate da Gesù stesso). L'esicasta che combatte l'accidia spesso va in perdita, perché sciupa il tempo dell'orazione e della contemplazione nel lottare con ogni mezzo contro questo vizio. Una volta anch'io, sdraiato e fiaccato dall'accidia nella cella, fui quasi sul punto di lasciarla, quando sopraggiunsero alcuni uomini che me ne distolsero, magnificando la mia condizione di esicasta con parole acconce a scacciare quel mio pensiero, così presto messo in fuga da quello della vanagloria. Mi stupii invero del fatto che quella diabolica spina si era potuta opporre al malanno degli altri aculei demoniaci! Guardati dalle suggestioni di questa tua compagna di vita, guardatene ogni momento osservando come la vanagloria ti induce a piegarti e a mutare i tuoi propositi.
Anche chi ha raggiunto la tranquillità, che è dono dello Spirito Santo, non ignora la realtà di questa esperienza. E' proprio dell'esichia il dono della amerimnia (stato di indifferenza evangelica alle preoccupazioni) che guida tutte le nostre azioni in qualunque contingenza spirituale o materiale: chi cede nello spirituale si può considerare già vinto nel materiale. Altro dono è la preghiera ininterrotta; il terzo consiste nell'attività mai distratta della mente: senza il primo gli altri due non si possono ragionevolmente ottenere, sarebbe impossibile fisicamente più che occuparsi di lettere a chi non ha mai imparato a leggere e scrivere.
Mentre partecipavo del secondo dono, una volta mi trovai nel bel mezzo dell'orazione che mi diede quella luce di cui ero assetato. Ed ecco cosa mi accadde pregando. C'era qualcosa o qualcuno, non so, che non poteva spiegare quale forma avesse prima di assumere quella visibile, forse non glielo permetteva Colui che tutto regge. Gli chiedevo che mi rivelasse dove e come si trova adesso; e mi rispose: «Dove a Lui è proprio, non in uno dei luoghi quali sono questi». Allora io: «Qual è la sua destra e dove sta? Quale il trono di Colui che tutto muove?». Mi rispose: «Non è possibile rivelare tali arcani ad orecchio umano». Infine lo pregai che mi portasse dove mi attirava l'ardore del desiderio, in quel momento; ma mi rispose che non era venuta l'ora perché mi mancava ancora il fuoco della purificazione. Non saprei invero se questo mi sia capitato entro il corpo oppure fuori del corpo; non posso dire nulla.

Il rischio dell'accidia: PG 1109C-1112B
184. Difficile davvero scacciare il demonio del sonno meridiano (tedio, svogliatezza), soprattutto nella stagione estiva; allora è il caso - ma non soltanto allora - di non disprezzare il lavoro manuale, perché il demonio dell'accidia precede e spiana la via a quello della lussuria, lo sappiamo; lo fa per poter violentare il nostro corpo sommergendolo nel sonno profondo e poi contaminandolo liberamente durante il riposo. Se a questi due demoni resisterai con forza, certo essi continueranno a combattere accanitamente per farti smettere la lotta perché inutile; ma la stessa guerra che duramente muovono contro di noi ti mostra proprio la loro inferiorità con la loro sconfitta.
Custodisci l'entrata col raccoglimento, perché se la lasci spalancata non se ne voli il bene che hai accumulato come un nuvolo di uccelli chiusi in una gabbia; allora a nulla davvero ti gioverebbe l'esichia. Una piccola pagliuzza basta a tormentarci un occhio, e una piccola apprensione basta pure a strapparci dall'esichia, la quale appunto ci fa deporre le inquietudini ed escludere anche un ragionevole stato emotivo. Il vero esicasta escluderà le sollecitudini per il proprio corpo perché Colui che ha promesso non mentisce. Chi intende stare con mente pura alla presenza di Dio e intanto si lascia agitare dai fastidi assomiglierebbe a chi credesse di poter camminare speditamente dopo essersi legati i piedi con stretti vincoli. Sono pochi quelli con una buona istruzione che raggiungono i vertici della filosofia di questo mondo, ma direi che sono ancor di meno quelli che veramente raggiungono la filosofia dell'esichia. Chi non ha ancora raggiunto la conoscenza di Dio non è fatto per l'esichia, anzi per essa affronterebbe molti rischi, perché l'esichia soffoca chi non ha fatto esperienza di Dio, lo chiuderebbe come in una prigione e lo devasterebbe, lo butterebbe nell'accidia e lo terrebbe in agitazione, lontano dal gusto delle dolcezze divine. Chi gusta la bellezza della preghiera sarà invece libero come l'onagro lontano dal frastuono della gente; chi si dibatte ancora con le passioni non cessa nell'eremo dalle ciarle di questo mondo! Me lo diceva un santo vegliardo, Giorgio Arsilaita, che anche tu, mio reverendo, hai potuto ben conoscere.
Egli così una volta ebbe ad esprimersi per fornire alla povera anima mia i principi fondamentali dell'esichia. Ecco come mi guidò quasi prendendomi per mano:

Il discorso dell'Arsilaita sull'esichia orante e fiduciosa in Dio: PG 1112C-1113B
185. «Notai - diceva - che i demoni della vanagloria e della concupiscenza generalmente si presentano al mattino, quelli dell'accidia e dello scoraggiamento a mezzogiorno, quelli più sporchi e quelli che tiranneggiano il ventre alla sera».
Vale più un poveretto sotto l'ubbidienza che un esicasta distratto; chi ha abbracciato la vera esichia non calcola i suoi acquisti quotidiani, altrimenti non avrebbe la vera esichia e sarebbe vittima della superbia: l'esichia consiste nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al suo respiro, allora potrai toccare con mano i vantaggi dell'esichia.
Per l'esicasta è peccato rallentare l'orazione, come per chi vive sotto ubbidienza è peccato fare la propria volontà. Se invece ami di essere visitato nella tua cella perché ti piace stare in compagnia, sappi che non sei impegnato per le cose di Dio ma sei soltanto un accidioso. Tieni come modello di orazione la vedova che aveva subito ingiustizia da parte di quell'iniquo, come modello di esichia quel grande esicasta Arsenio che emulò gli angeli; nella vita monadica ricordati della condotta di questo angelico esicasta e osserva in che modo spesso rimandò i visitatori per non perdere quello che per lui era più importante.
Notai che non di rado i demoni mandano a visitare i veri esicasti degli stolti girovaghi per impedire loro quel po' di lavoro che fanno. Tienili d'occhio, caro, e non esitare a tormentare santamente questi disimpegnati, perché per le tue ammonizioni facciano cessare il flagello dei girovaghi; però non contristare, per raggiungere il tuo scopo santo, un'anima assetata della tua parola che venga alla tua fonte; in ogni caso ci vuole il lume del discernimento.
La vita degli esicasti, specialmente di quelli che vivono nella solitudine, deve essere vissuta secondo coscienza e senso spirituale. Chi corre per la via della vera esichia conforma secondo il Signore, con l'aiuto suo, i propri comportamenti: azioni o parole, desideri o fatti in ogni suo movimento con senso spirituale e alla presenza di Dio. Se ancora siamo vittime delle illusioni diaboliche, la nostra vita non potrà dirsi virtuosa. Secondo quanto dice la Scrittura, affida il tuo progetto al salterio sul quale modellare il tuo volere, perché il tuo discernimento da solo è insufficiente. Manifesterò il mio buon volere attraverso la preghiera, perché essa mi confermi pienamente nella verità.
Ala dell'orazione è la fede. Se prego senza quest'ala, il mio cuore l'abbandonerà. Fede vuoi dir fermezza stabile della mente mai scossa da difficoltà di sorta; perché chi ce l'ha, pensa che Dio può tutto e che se crede otterrà. Essa quindi apre la porta della buona speranza, lo dimostrò il ladrone; ma madre o sorgente della fede è la compunzione in quanto rettitudine del cuore che rende la fiducia: incrollabile se la compunzione ne è madre. La fede a sua volta è madre dell'esichia, perché come potrebbe essere esicasta uno che non ha fede? Come chi sta in prigione teme colui che eseguirà il terribile giudizio di condanna, così chi sta chiuso nella cella teme il terribile giudizio che il Signore farà: questi ha timore del verdetto del Giudice più di quanto quello abbia timore dei giudici».

Compunzione, non accidia: l'Arsilaita e il Climaco: PG 1113C-1116B
186. «Anche la tua esichia straordinaria ha bisogno d'un grande timore di Dio, senza del quale non potrai mettere in fuga l'accidia: nulla infatti può tanto. Il condannato tiene sempre teso l'occhio per vedere se il giudice è venuto in carcere; chi fa veramente le opere del Signore vigila per vedere se sta per giungere Colui che viene: il primo è schiacciato dal peso dell'angoscia, il secondo è sommerso da un fiume di lacrime.
Se impugnerai il bastone della pazienza, i cani cesseranno dalla loro tracotanza; la pazienza che mai si stanca non si lascia turbare dai benché minimi incidenti. Con la pazienza il servo del Signore è imbattibile; egli vince anche cadendo, perché pazienza vuol dire avere consapevolezza che ogni giorno avremo tribolazioni, vuoi dire eliminare cavilli che ci inducono ad una tensione sconveniente. Chi lavora per il Signore come l'esicasta ha bisogno più di pazienza che di nutrimento; con quella si merita la corona, e con questo se ne ha la perdita. L'uomo paziente è già morto prima di morire, suo sepolcro è la cella.
Si è pazienti perché si spera nella compunzione; senza pazienza e senza speranza si diventa schiavi dell'accidia. L'atleta di Cristo deve conoscere quali nemici si combattono da lontano e quali si affrontano a corpo a corpo, quando la corona si merita con la lotta e quando la rinuncia al combattimento merita biasimo. Su questo però non si può dare norma precisa che sia valevole per tutti, perché non siamo fatti alla stessa maniera. Perciò tu tieni d'occhio quello spirito diabolico particolare che ti fa guerra senza quartiere, sia che stia fermo sia che cammini, sia che stia seduto sia che ti muova o vada a riposarti, sia che preghi sia che dorma».
Tra quelli che sono già nella via dell'esichia, c'è sempre qualcuno che ripete tra sè e sè: «Ho avuto sempre dinanzi ai miei occhi il Signore». Di fatto, però, quasi pani impastati con farina spirituale discesa dal cielo, non hanno tutti una forma. Anche le preghiere sono varie: «Con la vostra pazienza salverete le vostre anime», o soltanto: «Vigilate e pregate», ovvero: «Preparati alla morte con opere buone», oppure: «Sono stato umiliato, ma tu mi hai salvato». Certuni dicono: «Le sofferenze di questo mondo non hanno nulla a che fare con la gloria che si manifesterà in noi»; altri invece: «Nessuno mai vi dilanii, quando non ci sarà chi vi salvi». Mentre questi meditano su tali parole, altri ricordano: «Tutti corrono, ma uno sarà coronato».
Chi tra di loro ha fatto progressi continua senza sforzo non solo da sveglio ma anche nel sonno. Perciò alcuni giungono a respingere i demoni che loro appaiono in sogno, talora parlando come se volessero convertire ad una vita casta delle donnine impudiche.

Esichia nella solitudine e nella vita comunitaria: PG 1116B-1117B
187. Non attendere visite, né prepararti per esse, perché lo statuto dell'esichia richiede una vita semplice e senza legami di sorta. Pensa che chi vuole edificare la torre, ovvero la cella dell'esichia, deve prima calcolare e decidere nella preghiera quanto gli è necessario per l'edificazione secondo le proprie possibilità, per non essere infine dopo aver posto le fondamenta oggetto di scherno per tutti quelli che ha nemici ovvero di scandalo agli altri servi del Signore. Guardati pure dal cedere a sensi di gioia che ti capiti di avere qualche volta, perché possono venire più che da medici crudeli da coloro che ti sono nemici insidiosi.
Di notte datti alla preghiera più a lungo che puoi, molto di meno alla salmodia; di giorno compi il tuo lavoro secondo le tue forze preparandoti alla preghiera. La lettura è fatta per illuminare come si deve la mente e tenerla nel raccoglimento, perché è parola dello Spirito Santo che armonizza nella piena pace tutti coloro che vi partecipano. Scegli da buon operaio le letture di ordine pratico, perché così facendo renderai superflua la lettura degli altri libri. Piuttosto che sui libri, cerca di aver lumi a contatto con la dura esperienza circa quello che concerne la tua salute. Comunque guardati dal preferire ai trattati ben illuminati dalla potenza dello Spirito quelli ispirati a dottrine false che ottenebrano con le loro parole oscure le anime incapaci di comprenderle.
Come un solo bicchiere spesso basta a far sentire il gusto del vino, così un solo discorso quando si abbia il gusto spirituale affinato basta a rivelare tutto l'atteggiamento e comportamento interiore dell'esicasta. Cerca di farti una vista spirituale sicura nel discernimento, aliena dalla superbia devastatrice che apporta più rovine di ogni altra passione.
Custodisci la lingua se pur devi usarla, perché essa è capace di dissipare ad un tratto il frutto di tante fatiche. Abituati ad un comportamento semplice, perché l'affettazione può macchiare la tua esichia più d'ogni altra cosa. A chi ti viene a trovare offri il puro necessario sia materialmente che spiritualmente. Se si tratta di persone più istruite, dimostriamoci anche noi filosofi tacendo, ma se si tratta di fratelli di simili condizioni apriamo pure la porta della lingua con tutta moderazione, ritenendoli però - mi pare veramente meglio - a noi superiori. Una volta che io volli dissuadere con ogni mezzo persone più giovani che partecipavano alle sinassi da penitenze corporali, ne fui distolto da uno che vegliava l'intera notte affliggendosi con sabbia le carni sotto la veste.
Come son diverse le difficoltà nel parlare della fede nella Trinità increata santa e adorabile o nella venuta nella carne di Uno della medesima gloriosa Monarchia - perché trinitariamente si usa il plurale e monarchicamente il singolare -, così nel parlare delle pratiche che deve compiere chi a Dio vuole salire altro è quel che deve fare l'esicasta e altro quel che deve fare colui che vive sotto ubbidienza. ll santo Apostolo dice: «Chi conosce il pensiero del Signore?»; ed io aggiungo: «Chi conosce il pensiero d'un uomo che vive nell'esichia esteriore e interiore? La forza dell'esicasta sta nella molta preghiera, come la forza di un re nelle ricchezze e nel numero».

DISCORSO XXVIII - SULLA PREGHIERA MADRE SACROSANTA DI VIRTU' E RELATIVO COMPORTAMENTO INTERIORE ED ESTERIORE

La preghiera è dialogo con Dio: PG 11129A-1129D
188. La preghiera, secondo la sua vera denotazione, è dialogo dell'uomo con Dio, unione mistica; secondo gli effetti che la connotano, è detta sostegno del mondo e riconciliazione con Dio, madre o figlia delle lacrime e propiziazione per i peccati, difesa dalle tentazioni e baluardo contro le tribolazioni, vittoria nelle lotte e impegno da angeli, alimento degli esseri incorporei e gioia nell'attesa, attività che non avrà mai fine e sorgente delle virtù, prosseneta di carismi e progresso spirituale, nutrimento dell'anima e luce della mente, scure che recide la disperazione e dimostratrice della speranza, dissolutrice della tristezza e tesoro dei monaci, pregio degli esicasti e diminuzione dell'ira, specchio di progresso e rivelazione del giusto mezzo, indicatrice delle condizioni in cui ci troviamo e preannunciatrice di quelle future o segnalatrice della gloria vera. La preghiera, per chi la fa veramente, è il luogo del giudizio del Signore, il trono su cui Egli siede per invitarci al discernimento prima che venga il momento del giudizio definitivo. Alziamoci quindi per ascoltare il verdetto di questa santa regina delle virtù che proclama a voce alta e chiara: «Venite a me, voi tutti affaticati e stanchi, e io vi ristorerò; prendete sulle vostre spalle il mio giogo e troverete la pace delle vostre anime, la guarigione delle vostre ferite; perché il mio giogo è d'aiuto a chi lo porta, atto a guarire piaghe di gravi cadute».
Per presentarci al Re divino e avere un colloquio con Lui, non intraprendiamo la corsa senza esserci prima preparati e premuniti, perché non debba vederci disarmati o privi della veste regale mentre ci aspetta da lontano, e non debba mandare servi e ministri ad allontanarci dal suo cospetto in catene e in esilio, o a rigettarci in faccia le nostre preghiere non ininterrotte. Presentati a Dio con la tua veste spirituale intessuta tutta di lino da cima a fondo, cioè col filo del rifiuto di ogni ricordo delle offese che purifica da ogni macchia; altrimenti a nulla varrà la preghiera. Prega con tutta semplicità, con una sola espressione, come fecero il pubblicano e il prodigo che si resero Dio propizio. Uno è lo stato d'orazione, ma ci presentiamo a Dio con varie modalità e con finalità differenti: chi si trattiene col Signore come con un amico per ottenere da Lui aiuto non per sé ma per gli altri con preghiera di lode e di supplica; chi chiede ricchezze, onorificenze e libertà maggiore, chi domanda la liberazione definitiva dal proprio nemico e chi supplica perché gli sia concesso di diventarne degno; altri pregano per ottenere la perfetta libertà da affanni, per venir liberati dal carcere o essere infine svincolati da accuse.

Preghiera pura: PG 1132A-1132D
189. Tu soprattutto domanda di essere esaudito circa quanto sta scritto nel primo rigo del papiro, secondo l'ordine che vuole in primo luogo la sincera preghiera di ringraziamento; poi passa al secondo rigo della confessione con vero dolore dell'anima piena del senso di Dio: solo allora avremo imparato come rivolgere le nostre preghiere al Re dell'universo. Ottimo invero questo metodo di orazione, secondo che fu rivelato ad un fratello da un angelo del Signore. Non avrai bisogno di ulteriori spiegazioni se offrirai la tua preghiera come uno che deve rendere conto ad un giudice umano; se non sei mai stato ad un tribunale di quaggiù né ti sei mai interessato di saperne, impara dal modo con cui i malati pregano il chirurgo che li cura prima di essere da lui sottoposti ai ferri o ai cauteri. Non affannarti a sottilizzare sulle parole da usare nella preghiera. Spesso infatti balbettii semplici e disadorni di bambini placarono il Padre che è nei cieli. Non molte parole devi cercare, perché tale affannarsi causa la dissipazione della mente.
Con una frasetta il pubblicano placava il Signore, e una sola espressione pronunziata con fede salvò il ladrone. Molte parole spesso distraggono nella preghiera perché riempiono la mente di fantasie, una sola parola spesso contribuisce al raccoglimento. Quando ad un certo punto della preghiera c'è una parola che ti piace e ti concilia la compunzione, resta li: allora si unirà alla tua preghiera l'angelo custode.
Non abusare poi della libertà confidente, anche se hai raggiunto la purificazione. Piuttosto, avvicinandoti a Dio con molta umiltà, potrai ottenerne più alta libertà. Anche se fossi giunto in cima alla scala delle virtù, continua a pregare perché ti siano rimessi i tuoi peccati, come fece Paolo che paragonandosi ai peccatori esclamava: «Io sono il primo di essi». Purità e compunzione delle lacrime debbono dare ali all'orazione ovvero darle il sapore, come l'olio e il sale che condiscono le vivande. Aggiungivi la mitezza e la dolcezza, di cui devi rivestirti tutto se vuoi liberare il tuo cuore da tutto ciò che gli toglie la libertà di elevarsi senza sforzo a Dio. Finché non avremo raggiunto, facendo molte esperienze, tale chiarezza di orazione, assomiglieremo a degli incipienti nella via della vita, come i bambini che cominciano a camminare. Cerca di elevare la mente a Dio o piuttosto di tenerla chiusa entro l'ambito delle espressioni di orazione, e se per debolezza infantile non si tiene ferma, rimettila subito in sesto: purtroppo la nostra mente è instabile, ma l'Onnipotente può renderla stabile.
Se riuscirai a lottare senza mai venir meno, finalmente scenderà in te Colui che mantiene nei suoi limiti il mare della mente, e le dirà mentre tu la elevi alla preghiera: «Verrai fin qui e non passerai oltre». Vero è che lo spirito non si può legare, ma se interviene il Creatore dello spirito tutto a Lui deve sottostare. Potresti peraltro instaurare con Lui un colloquio come si dovrebbe, solo se tu potessi fissare lo sguardo sul bagliore del sommo Sole. Ma come potresti incontrarti senza timore di ingannarti con Uno che non vedi? Perciò principio dell'orazione sono degli accostamenti a Dio con un invocazione brevissima che scaccia ogni altro pensiero sul nascere; momento mediano è quello di tener fissa la mente in ciò che si dice o si pensa; punto di arrivo o perfetta preghiera è il rapimento estatico nel Signore.

Purificazione e unione con Dio: PG 1132D-1133CJ
190. A quelli che vivono in comunità accade talora di sentire dei sussulti di gioia; ma questa è ben diversa da quella che godono coloro che pregano nell'esichia, tutta piena di umiltà. La prima è forse frutto di fantasia; se disciplinerai la mente in modo che non fantastichi la terrai raccolta in te anche se sei vicino al deposito della mensa; se invece tu permetterai che uscendo vada girovagando, non la sentirai mai presente.
Il grande cultore dell'alta e perfetta orazione la volle disciplinata entro l'ambito di cinque parole che esprimessero il pensiero della mente (1 Cor 14.9); non lo comprendono bene gli imperfetti, e forse per questo anche noi in quanto imperfetti preghiamo misurandola col criterio della qualità e della quantità delle parole: lo facciamo anche noi perché il metodo degli imperfetti conduce a quello dei perfetti. Dio infatti - si dice - concede la pura orazione a chi, benché preghi ancora con sforzo e in maniera meno nobile, tuttavia lo fa con impegno. Altra cosa però è la minor nobiltà della preghiera e altra la sua estinzione, come altro è far un brutto scherzo e altro è il rubare sul serio. Stiamo davanti a Dio con minor nobiltà quando non cacciamo i pensieri estranei prodotti dalla fantasia, provochiamo l'estinzione della preghiera se ce ne facciamo imprigionare per darci a pensieri inutili; è un furto perpetrato sul serio il sottrarre la mente a Dio mentre noi stiamo apparentemente dinanzi a Lui, è uno scherzo del demonio - uno dei tanti - quello per cui si avvicina a noi per distrarci da Dio.
Quando in tempo di orazione ci troviamo da soli, preoccupiamoci soltanto dell'atteggiamento interiore di umile supplica; se non ci sono ministranti per la celebrazione di lode, conformiamo il nostro atteggiamento esteriore alla preghiera pubblica, perché tra gli imperfetti di solito il comportamento interiore si conforma a quello esteriore. Tutti poi avremo sempre bisogno di presentarci in umiltà al sommo Re per ricevere la remissione dei peccati, con ineffabile contrizione del cuore. Se ci trovassimo ancora stretti dai vincoli del peccato, ascoltiamo la voce che disse a Pietro di indossare un panno di obbedienza. Spogliati prima di quello della tua volontà, e poi presentati al Signore per pregarlo nudo di desideri egoistici; Se invocherai Dio di poter solo fare soltanto la sua volontà, otterrai di averlo come pilota del tuo cuore, guida sicura della tua anima.
Risorgi dallo stato della materialità mondana amante dei piaceri, rigettane le sollecitudini, spogliati dei suoi pensieri, rinnega il tuo corpo; perché altro non vuole la preghiera, per sua natura alienazione dal mondo sensibile e non sensibile per stare unito inseparabilmente con Dio: «Che altro c'è per me nel cielo? Nulla. Che altro voglio sulla terra al di fuori di Te? Nulla». Questo richiede l'orazione. Se altri aspira a ricchezze, altri alla gloria e altri ad altro possesso, per me è solo bene desiderabile lo stare unito con Dio, unico fondamento della mia speranza e della mia apatia. La fede dà le ali alla preghiera, in nessun altro modo l'orazione potrebbe volare per il cielo.

Costanza e perseveranza nella preghiera pura: PG i 133A-1137A
191. Questo soltanto chiediamo al Signore. Siamo infatti ancora vittime delle passioni, ma da questa condizione tutti vogliamo innalzarci alla mèta dell'apatia, tagliando definitivamente la via alle passioni. Quel giudice che non temeva Dio cedette alle insistenze della vedova per non avere più la noia di sentirla; Dio farà giustizia all'anima vedova di Lui a causa del peccato contro il corpo suo primo nemico e contro i demoni suoi avversari invisibili. Il divin Commerciante saprà bene ricambiare le nostre buone merci; mette a disposizione i grandi suoi beni con amorosa offerta ed è pronto ad accogliere le nostre richieste, ma se si tratta di insensati cani spirituali, li lascia a insistere nelle loro suppliche per provarli con la fame e con la sete, perché sa che il cane è ingrato, e appena ricevuto il pane si allontana subito da colui che gliel'ha dato.
Non dire di non avere ottenuto quello che hai chiesto pregando a lungo, perché hai profittato spiritualmente. Quale bene più sublime infatti può esserci dello stare unito col Signore e del perseverare nell'unione ininterrotta con Lui? Chi se ne sta proteso nell'orazione non dovrà poi temere la sentenza del divin Giudice come la teme il condannato quaggiù. Perciò, se sei saggio e non hai corta vista, al ricordo di quella sentenza potrai facilmente distogliere il tuo cuore dalle offese ricevute e da ogni rancore, dalle preoccupazioni per gli affari e dai tormenti che ne derivano, dalla tentazione di sazietà e da ogni spirito di nequizia. Con la preghiera ininterrotta del cuore preparati all'orazione perenne delle labbra, e presto avanzerai nella virtù.
Ho visto modelli luminosi di ubbidienza attendere alla preghiera delle labbra senza trascurare per quanto possibile nel loro interno il continuo ricordo di Dio, sempre presenti a se stessi, divenuti fonti inesauribili di lacrime, proprio perché preparati all'orazione dalla santa obbedienza. Vero è però che con la salmodia comunitaria sono connesse certe servitù e distrazioni che non ci sono nella preghiera personale; ma questa deve combattere contro l'accidia, mentre quella trae vantaggio dal comune fervore. L'amore del monaco verso Dio si dimostra nel momento particolare e nello stato di orazione, come l'attaccamento del soldato al suo re si rivela in tempo di guerra; la preghiera peraltro ti rivelerà lo stato di spirituale progresso, perché secondo i maestri di sacra dottrina essa è lo specchio del monaco.
Normalmente chi è occupato nel lavoro viene ingannato dal demonio che lo induce a lavorare anche quando giunge il tempo della preghiera. Questi nostri ladroni infatti non intendono stare un' ora senza devastarci il tesoro della preghiera. Al contrario, tu non rifiutarti mai di pregare anche se non hai conseguito il dono dell'orazione, perché spesso la fede di chi invita a pregare per lui salva l'orante comunicandogli il suo spirito di contrizione. Se poi preghi per un altro e sei esaudito, non montare in superbia, perché è la sua grande fede che ha ottenuto il risultato. E ogni anima è responsabile della sua cooperazione alla grazia ogni volta che prega il Signore, quasi come il fanciullo che ogni giorno è tenuto a render conto al maestro impegnato nell'insegnamento del profitto che trae dalla dottrina impartitagli. Badaci sempre più perché dovrai pregare con tanto maggior impegno con quanta maggiore ostilità si accaniranno contro di te i demoni per impedirtelo. Questo è lo scopo che si propongono, non fare il loro giuoco. Alla preghiera più che all'acquisto di ogni altra virtù deve rivolgersi il tuo continuo impegno.
La nostra preghiera sarà poi particolarmente fervorosa se l'anima avrà debellata la passione dell'ira. Ma solo se avremo ottenuto di possedere la presenza del Signore nel nostro cuore anelante a Lui, quanto noi avremo ottenuto con tante preghiere e in tanto tempo sarà stabile. Raggiunto questo scopo, non dovrai preoccuparti di intessere la tua orazione con parole, perché allora lo Spirito intercederà per te in te con gemiti inenarrabili. Quindi tieni lontana dalla mente ogni forma sensibile che potrebbe turbare il tuo raccoglimento. Allontanerà ogni incertezza il solo rivelarsi del mistero cui aderirai con incrollabile fede.

Non contaminare la purezza della preghiera: PG 1137A-1137C1
192. Preoccupati molto di unire all'orazione la compassione. Allora il monaco otterrà il cento per uno, e via di seguito; il fuoco dello Spirito inabitante nel cuore del monaco orante innalzando l'anima nella preghiera ne sollecita lo slancio fino al cielo, rinnovando la sua discesa nel cenacolo dell'anima. Certuni quindi hanno l'idea che la preghiera sia più potente del pensiero della morte; quanto a me, esalto l'utilità di quella unità, quasi di due nature della medesima ipostasi . Un buon cavallo più corre e più si riscalda, più si riscalda e più corre: questo diciamo in senso spirituale, riferendoci alla corsa dell'innodia e al cavallo generoso dello spirito. Una tale creatura sente fin da lontano l'odore della battaglia; vi si tiene pronta, né sarà facile vincerla.
E' più difficile distogliere dalla sospirata preghiera prima del suo termine un'anima orante e compunta, che sottrarre alla bocca assetata il refrigerio dell'acqua. Non recedere dalla preghiera, finché non vedi illanguidirsi per naturale e provvidenziale esaurimento il tuo fuoco e il tuo pianto. Cogli il momento opportuno per ottenere la remissione dei tuoi peccati, perché esso non ti si ripresenterà forse in tutta la vita. Prendi gusto all'orazione pura; chi ne contaminasse la purezza ammettendo nella sua mente, come spesso capita, un solo pensiero estraneo, anche se continua a pregare non otterrà quello che il suo cuore è solito pregando desiderare. Col cuore infatti devi spesso meditare tra te e te, ma è diverso il meditare consultando il cuore per via della mente che offre al Cristo sacerdotalmente un'oblazione razionale. Chi medita in cuor suo, come disse uno che è chiamato teologo, brucia certo del santo fuoco celeste che inabita in lui per purificare le scorie rimaste ancora a contaminarlo; ma chi consulta il suo cuore per via della mente in Cristo brucia di una fiamma che l'illumina secondo il grado della sua perfezione. Si tratta della stessa fiamma che è detta fuoco consumante e luce illuminante.
Per questo motivo alcuni quando escono dal luogo dove pregavano appaiono in quel momento come persone che vengono fuori da una fornace ardente, e si sentono di fatto come alleggeriti delle scorie e delle piaghe; altri invece come persone rischiarate da una luce che li riveste del duplice abito dell'umiltà e della gioia. Quelli infatti che escono dalla preghiera senza questa duplice forza dimostrano di aver pregato solo materialmente e per dir così alla maniera giudaica. Come infatti si può non rimanere cambiati al contatto con il divin Corpo se lo tocchiamo con mani pure? Il corpo quando viene a contatto con un altro corpo ne rimane influenzato.

Ognuno viva di preghiere nella propria condizione: PG 1137D-1140C
193. Osserviamo che il nostro Re, Iddio sommamente buono, si comporta come i re della terra che sono soliti elargire ai loro soldati i loro benefici direttamente e talora indirettamente, attraverso persone fidate o attraverso i loro domestici. Dio lo fa elargendo i suoi doni secondo l'abito di umiltà di cui siamo rivestiti. Inoltre Egli ha in abominazione chi prega accettando i pensieri impuri che gli passano per la mente, voltandogli le spalle come un cortigiano che stando alla presenza del re terreno si rigirasse per parlare con i nemici del suo signore. Hai un'arma per scacciare da te il cane che ti si avvicina sfrontatamente, dagli addosso ogni volta che ti tenta, non cedergli mai. Domanda con animo compunto, cerca il Signore nell'ubbidienza, picchia alla porta senza mai perderti d'animo, perché sta scritto: «Chi domanda riceve, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto».
Guardati dal pregare troppo per una donna, come talora si dà il caso; correresti il rischio di essere depredato dagli astuti tuoi avversari. Non passare in rassegna i consuntivi della tua attività pertinente al corpo per non diventare insidiatore di te stesso. In tempo di preghiera non è davvero il caso di esaminare come vanno condotte le attività pur necessarie e anche spirituali, che ti sottrarrebbero quel che più vale. Non cadrà mai chi si sia appoggiato sempre al bastone dell'orazione. Seppure dovesse inciampare non cadrebbe, o non resterebbe a terra; poiché la preghiera ha un potere pio ma assoluto sul cuore di Dio. E di tale utilità per noi, che i demoni ce la vogliono impedire al momento della sinassi. Segno di tale utilità è anche il frutto che matura in noi con la sconfitta del nostro avversario, come canta il Salmista: «Io conobbi davvero quanto bene mi volessi dal fatto che in tempo di guerra non permettesti che il nemico ridesse alle mie spalle; perciò gridai a Te con tutto il cuore, corpo-anima-spirito, perché dove si trovano uniti due di questi minimi elementi là c'è Dio in mezzo ad essi».
Non tutti hanno le medesime doti, né secondo il corpo né secondo lo spirito. Per alcuni va bene la preghiera più breve, per altri è buona quella più lunga della salmodia. C'è chi confessa d'essere ancora prigioniero del suo corpo, e c'è chi dice di lottare nell'ignoranza dello spirito; ma se tu invocherai comunque il nostro Re contro i suoi nemici che ti assalgono da ogni parte, abbi fiducia; non dovrai poi far gran fatica nel respingerli, perché essi stessi spontaneamente si allontaneranno ben presto: gli empi infatti non vorranno assistere alla vittoria che su di essi sicuramente riporterai per via della preghiera; anzi se la daranno a gambe come fustigati dalla sferza della tua fervorosa orazione. Tu raccogli tutte le tue forze, e Dio penserà a insegnarti come pregare.

Non possiamo imparare a ben pregare in altra scuola che in quella della stessa orazione che ha per maestro lo Stesso Dio [...] Dio, che «insegna all'uomo la scienza», è il solo che possa insegnare la preghiera; ed elargendola a chi prega, benedice gli anni del giusto.

Estratto dal libro: GIOVANNI CLIMACO, La scala del Paradiso, ED. CITTA' NUOVA.

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