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Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Santa Gertrude di Helfta: perdutamente innamorata di Cristo

Santa Gertrude di Helfta visse per quarant’anni in un monastero medievale. Per i tedeschi è “die Heilige Gertrud die Grosse”, l’unica donna nella storia tedesca ad essere chiamata “la Grande”. Con la sua esperienza spirituale e con i suoi scritti si è conquistata due titoli importanti.
Primo: quello di “Teresa di Germania” perché sotto molti aspetti richiama la grande Teresa di Avila. (Teresa d'Avila conobbe e amò gli scritti di Gertrude di Helfa e la considerava sua maestra spirituale).
Secondo: di "Teologa del Sacro Cuore" perché con la sua particolare devozione al Cuore divino di Cristo preannunciava e preparava Santa Margherita Maria Alacoque che ne sarà la grande apostola.
Santa Gertrude la Grande ebbe grande influenza ai suoi tempi perché la fama della sua santità e delle sue visioni attirava molti per chiedere consiglio e conforto. Fu dimenticata fino al XVI secolo, quando i Certosini pubblicarono i suoi scritti traducendoli in varie lingue, svelando così la sua grandezza e le sue anticipazioni alla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Morì il 17 novembre del 1301. Fu canonizzata nel 1677. E' patrona delle Indie Occidentali, di Tarragona e del Perù, è invocata contro il diabete.
L’iconografia ama rappresentare Gertrude con un cuore visibile nel petto, sul quale si può vedere il Bambino Gesù, in conformità alle parole attribuite a Gesù medesimo: “In Corde Gertrudis invenietis Me” cioè “Nel cuore di Gertrude troverete Me”.

27 gennaio 1281: la conversione di Gertrude .
Gertrude nacque nel 1256 nella Turingia probabilmente ad Eisleben, a nord ovest di Lipsia. Della sua infanzia rimane solamente un avvenimento decisivo: l’entrata ancora bambina nel monastero cistercense di Helfta nella Sassonia (da qui il nome di Gertrude di Helfta).
Per vent’anni niente di eccezionale. Lo studio e la preghiera furono la sua attività principale. Era di intelligenza pronta ed acuta che la faceva eccellere tra le sue consorelle (rimase sempre umile lo stesso), e nello studio mise tutta la sua passione ed impegno. Non risparmiò fatica per consolidare la propria cultura nel campo delle lettere, della filosofia, del canto e nell’arte della miniatura. Questa sua dedizione totale allo studio di Gertrude era anche favorita dal “clima culturale” che si respirava in questo monastero (negli ultimi decenni del 1200) dovuto alla presenza di alcune monache eccezionali. Gertrude di Hackeborn, badessa e sua sorella Matilde che diventerà anche lei badessa, e scriverà un’opera di alto valore spirituale il “Liber specialis gratiae”.
Dal 1270 si era poi ritirata nello stesso monastero di Helfta Matilde di Magdeburgo. Quest’ultima scriverà uno dei capolavori della mistica tedesca “Das fliessende Licht der Gottheit’’ cioè “Il Fluire della Luce della Divinità”.
Parlando di mistica il teologo G. Moioli distingue due grandi tipologie suggerite dalla stessa storia. La prima è quella della “mistica dell’essenza” (Wesensmystik) rappresentata dalla cosiddetta tendenza “renano-fiamminga” (sec. XIII-XIV) e della “mistica sponsale” (Brautmystik), e seconda, la "mistica dell’assenza" illustrata specialmente dai grandi mistici spagnoli (sec. XVII).
Con la sua opera Matilde di Magdeburgo cominciava già ad aprire una nuova strada nel campo spirituale superando le forme impersonali e oggettive delle esperienze mistiche precedenti (mistica dell’Essenza), per accogliere sempre più il carattere personale ed affettivo. Si cominciava ad intravedere, sotto l’influsso di una profonda comprensione dell’umanità di Cristo, l’elemento “sponsale” e l’allegoria nuziale della esperienza spirituale, che aveva come fine del proprio itinerario la perfetta unione col Verbo incarnato. Queste idee influenzeranno l’esperienza spirituale e mistica di Gertrude collocandola quindi nella tipologia della “Brautmystik” o “mistica sponsale”.
Ma la svolta decisiva o “conversione” non venne grazie a questo clima anche se altamente culturale e spirituale che si respirava nel suo monastero. C’è stata una... “spinta” gentile dall’alto (diversa dalla metodologia poco “soft” usata da Dio con Paolo di Tarso sulla via di Damasco). Gertrude pensava con più passione allo studio e alla propria crescita culturale che alle cose religiose e agli impegni spirituali. Questi ultimi li viveva un po’ tiepidamente. Verso la fine del 1280 entrò in crisi: provò l’angosciosa sensazione di sentirsi assolutamente sola, sperduta, inutile e avvilita mentre assisteva al crollo di tutti i suoi ideali umani. Da questo abisso di angoscia e solitudine esistenziale, ella rinacque spiritualmente donandosi a Cristo incondizionatamente e totalmente.
Ecco la conversione. Che cosa era avvenuto?
Era il 27 gennaio 1281 quando ebbe una prima visione del Cristo Redentore, nella sembianza di un adolescente. Scrisse poi lei stessa: “Io lodo, io adoro, io benedico, io ringrazio come posso la vostra sapiente misericordia e la vostra misericordiosa sapienza, perché voi, mio Creatore e mio Redentore, vi sforzaste di ridurre una testa indomabile sotto il vostro giogo soave…”.
Questa conversione agì particolarmente su due fronti: quello ascetico e culturale. Gertrude riprese con vigore e rigore l’osservanza della regola religiosa, inasprita liberamente con lunghe veglie e digiuni, che culminarono poi in lunga serie di sofferenze e malattie. La seconda svolta si ebbe sui suoi interessi culturali. Gertrude tagliò netto con le discipline profane e si dedicò esclusivamente allo studio della Scrittura, della teologia e delle opere patristiche, privilegiando sant’Agostino, san Gregorio Magno, san Bernardo e Ugo da San Vittore.

Gertrude , descrittrice della propria esperienza mistica.
Dopo la conversione si preoccupò non solo di studiare per sé ma di fare anche dono agli altri delle scoperte spirituali fatte nelle rivelazioni e nelle riflessioni. Abbiamo così Gertrude scrittrice e descrittrice della propria esperienza spirituale.
Due le opere principali che hanno consacrato Gertrude come una scrittrice di mistica.
La prima chiamata “Il Messaggero della divina misericordia”. Qui descrisse le visioni e rivelazioni che ella ebbe da Gesù Cristo e la straordinaria confidenza che ebbe con Lui. «È la prima volta, nella storia cristiana che una donna scrive una autobiografia spirituale in cui il rapporto con Dio è narrato in termini così espliciti come un rapporto d’amore. È forse un linguaggio poco abituale oggi tra i cristiani, ma questo cercarsi ed incontrarsi tra uomo e Dio ha usato, spesso, e necessariamente, il linguaggio dell’amore, come nel Cantico dei Cantici.
Così anche Gertrude. Lei è innamorata di Cristo e Cristo di lei. E Gertrude, come già Bernardo di Clairvaux, racconta dialoghi con Cristo, le carezze, gli abbracci che si scambiano, come farà dopo di lei Angela di Foligno. Poi Gertrude trova l’immagine del cuore... Nel cuore è il segno dell’amore di Dio per l’uomo, a cui l’uomo può rispondere con lo stesso calore d’amore: “intrare ad cor”, scrive Gertrude. Questo è il solo vero rapporto tra uomo e Dio, entrare nel cuore di Dio poiché il Padre con il Figlio è entrato nel cuore dell’uomo».
La seconda opera ha per titolo “Exercitia Spiritualia septem”. È un “raro gioiello di letteratura ascetico-mistica. Essi consistono in varie preghiere e meditazioni di ispirata bellezza e si dividono in sette differenti esercizi: il primo per recuperare l’innocenza battesimale, il secondo per la conversione spirituale, il terzo per la consacrazione a Dio, il quarto per la rinnovazione della professione religiosa, il quinto per eccitare l’amore divino; il sesto è un’azione di grazie, ed il settimo è un supplemento di soddisfazione per i nostri peccati ed una preparazione alla morte” (Niccolò del Re). Sono Esercizi che hanno un valore ancora oggi (per chi è sposato: integrando il quarto con la rinnovazione delle proprie promesse matrimoniali...). Essi rivelano tutta la personalità di Gertrude ed il suo grandissimo abbandono e confidenza in Dio.

Messaggio spirituale di Gertrude .
Gertrude è santa e mistica. Ma cosa vuol dire mistica e vita mistica? Ecco la definizione di un teologo.
“La vita mistica è caratterizzata dalla presa di coscienza della presenza dentro di sé del Dio vivente, il Dio dell’amore. Come tale essa non è il risultato di uno sforzo, perché l’uomo è incapace di accedervi con le sue sole proprie forze. Essa è un dono divino. Ma tale dono non può essere conseguito se non si marcia speditamente e con pazienza sul duro sentiero della preghiera, se non ci si impegna a compiere, fedelmente, giorno per giorno, la volontà di Dio, se non si consente a svelare (o riconoscere) la propria profonda miseria e non si rinuncia definitivamente a compiacersi di se stessi; soprattutto, se si crede ostinatamente nell’amore del Padre, accettando le purificazioni di questo amore” (Giannino Piana).
E a questa esperienza dell’unione mistica con Dio siamo chiamati tutti, come afferma il Catechismo Universale (n. 2014):
“Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama mistica, perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – i santi misteri – e, in lui, al mistero della santa Trinità. Dio chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concessi grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica”.
Le esperienze propriamente mistiche sono quindi un dono di Dio. Ma come tutti i doni di Dio anche questo è impegnativo: richiede a tutti pazienza e l’impegno duro nella lotta quotidiana per il bene (ascesi); un dono da mantenere e meritare ancora “portando la propria croce”, nella ricerca e nel compimento pieno di amore della volontà di Dio. Come ha fatto Gertrude e tutti i santi.
Mario Scudu SDB

Approfondimenti:
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