Image Cross Fader Redux
Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Santa Teresina di Lisieux: Storia di un'anima - Parte IV

STORIA DI UN’ANIMA: S. Teresina di Lisieux (S. Teresina del Bambin Gesù)

Ho dimenticato anche qualche piccolo dettaglio della mia infanzia prima del tuo ingresso al Carmelo; non ti ho parlato del mio amore per le immagini e per la lettura... E tuttavia, Madre mia cara, debbo alle belle immagini che tu mi facevi vedere come premio, una delle gioie più dolci e delle impressioni più forti che mi hanno spinta alla pratica della virtù...
Dimenticavo il passare del tempo, guardandole, per esempio: il fiorellino del Divino Prigioniero mi diceva tante cose che ne ero sommersa. Vedendo che il nome di Paolina era scritto sotto il fiorellino, avrei voluto che ci fosse anche quello di Teresa e mi offrii a Gesù per essere il suo fiorellino... Se non sapevo giocare, amavo molto la lettura e ci avrei passato la vita; per fortuna avevo come guide degli angeli della terra che mi sceglievano libri tali che mentre mi divertivano nutrivano il mio cuore e il mio spirito, e poi non dovevo passare a leggere che il tempo stabilito, e la cosa era per me un grande sacrificio, perché dovevo interrompere la lettura spesso proprio in mezzo al punto più attraente...
Questa attrattiva per la lettura è durata fino al mio ingresso al Carmelo. Non mi sarebbe possibile dire il numero dei libri che mi sono passati tra le mani, ma mai il Buon Dio ha permesso che io ne leggessi uno solo capace di farmi del male. È vero che leggendo certi racconti cavallereschi al primo momento non sentivo sempre il vero della vita, ma ben presto il Buon Dio mi faceva sentire che la gloria vera è quella che durerà in eterno e che per arrivarci non era necessario fare opere clamorose, ma nascondersi e praticare la virtù in modo che la mano sinistra non sapesse quello che fa la destra ...

Così, leggendo i racconti delle azioni patriottiche delle eroine Francesi, in parti colare quelle della Venerabile Giovanna d'Arco, io avevo un grande desiderio di imitarle, mi pareva di sentire in me lo stesso ardore di cui esse erano animate, la stessa ispirazione Celeste. Allora ho ricevuto una grazia che ho sempre considerato come una delle più grandi della mia vita, perché a quell'età non ricevevo luci come adesso che ne sono inondata. Io pensavo che ero nata per la gloria, e cercando il modo di arrivarci, il Buon Dio m’ha ispirato i sentimenti che ho appena scritto. Mi ha fatto capire così che la mia propria gloria non sarebbe apparsa agli occhi mortali, che sarebbe consistita nel diventare una grande Santa!!!... Questo desiderio potrebbe sembrare temerario se si pensa quanto ero debole ed imperfetta, e quanto lo sono ancora dopo sette anni passati in religione, e tuttavia io sento sempre la stessa ­fiducia audace di diventare una grande Santa, perché non conto sui miei meriti, non avendone alcuno, ma spero in Colui che è la Virtù, la Santità stessa. È Lui solo che accontentandosi dei miei deboli sforzi, mi innalzerà fino a Lui e, coprendomi dei suoi meriti infiniti, mi farà Santa. Io non pensavo allora che occorresse soffrire molto per arrivare alla santità, il Buon Dio noi tardò a farmelo vedere inviandomi le prove che ho raccontato sopra... Ora debbo riprendere il mio racconto al punto in cui l'avevo lasciato.
Tre mesi dopo la mia guarigione Papà ci fece fare il viaggio ad Alencon, era la prima volta che ci tornavo e la mia gioia fu grandissima rivedendo i luoghi ove era passata la mia infanzia, soprattutto quella di poter pregare sulla tomba di Mamma e di chiederle di proteggermi sempre...
Il Buon Dio mi ha fatto la grazia di non conoscere il mondo se non quel tanto che mi è bastato per disprezzarlo ed allontanarmene. Potrei dire che fu durante il mio soggiorno ad Alencon che ho fatto la mia prima entrata nel mondo. Tutto era gioia, felicità attorno a me, ero festeggiata, vezzeggiata, ammirata; in una parola la mia vita per quindici giorni fu seminata solo di fiori... Confesso che questa vita mi attraeva. La Sapienza ha davvero ragione a dire: “La malizia delle vanità del mondo seduce anche lo spirito di chi è lontano dal male”. A dieci anni il cuore si lascia facilmente abbagliare, e così io ritengo una grande grazia di non essere rimasta ad Alencon; gli amici che avevamo li erano troppo mondani, sapevano troppo bene mettere insieme le gioie della terra con il servizio del Buon Dio. Loro non pensavano a sufficienza alla morte e tuttavia la morte stessa è venuta a visitare un gran numero di quelli che ho conosciuto, giovani, ricchi e felici!!! Amo ritornare col pensiero ai luoghi incantatori in cui hanno vissuto, a chiedermi dove stanno ora, che utilità hanno tratto dai loro castelli e parchi dove li ho visti godere delle comodità della vita?... E vedo che tutto è vanità, e afflizione di spirito sotto il Sole che l'unico bene è amare Dio con tutto il cuore ed essere quaggiù povero di spirito...
Forse Gesù ha voluto mostrarmi il mondo prima della prima visita che doveva farmi perché scegliessi più liberamente la via che dovevo promettergli di seguire. L'epoca della mia prima Comunione è rimasta impres­sa nel mio cuore, come un ricordo senza nuvole, mi pare che non potevo essere meglio disposta di come lo fui, e poi le mie pene spirituali mi lasciarono per quasi un anno. Gesù voleva farmi gustare una gioia tanto perfetta quanto la cosa è possibile in questa valle di lacrime...
Ti ricordi, Madre mia cara, l'incantevole libretto che mi avevi fatto tre mesi prima della mia prima Comunione?... Fu quello che mi aiutò a preparare il mio cuore in modo conseguente e rapido, perché se è vero che lo preparavo già da molto tempo, bisognava dargli uno slan­cio nuovo, riempirlo di fiori nuovi perché Gesù potesse riposarcisi con piacere... Ogni giorno facevo un gran numero di pratiche, che formavano come tanti fiori, dicevo anche un numero ancora più grande di giaculatorie che tu mi avevi scritte nel mio libretto per ogni giorno, e questi atti d'amore costituivano i boccioli dei fiori...
Ogni settimana mi scrivevi una bella letterina, che mi riempiva l'anima di pensieri profondi e mi aiutava a praticare la virtù, era una consolazione per la tua povera figlietta che faceva un grandissimo sacrificio accettando di non essere preparata ogni sera sulle tue ginocchia come lo era stata, invece, la sua cara Celina... Era Maria che per me prendeva il posto di Paolina; mi mettevo sulle sue ginocchia e li ascoltavo avidamente ciò che mi diceva, mi sembra che tutto il suo cuore così grande, così generoso, passasse dentro di me. Come i guerrieri famosi insegnano ai loro bambini il mestiere delle armi, così lei mi parlava delle battaglie della vita, della palma data ai vincitori... Maria mi parlava anche delle ricchezze immortali che è facile mettere da parte ogni giorno, dell'infelicità di passare senza volersi preoccupare di prenderle, e poi mi indicava il modo di essere santa con la fedeltà alle più piccole cose; lei mi regalò il foglietto: “Sulla rinuncia”, su cui meditavo con piacere... Ah! Come era eloquente, la mia cara madrina! Avrei voluto non essere sola a sentire i suoi insegnamenti profondi, mi sentivo così profondamente toccata che nella mia ingenuità credevo che i più grandi peccatori sarebbero stati toccati come me, e che lasciando le loro ricchezze effimere avrebbero voluto guadagnare solo quelle del Cielo... A quel tempo nessuno mi aveva ancora inse­gnato il modo di meditare, e tuttavia ne avevo una grande voglia, ma Maria trovandomi abbastanza pia non mi lasciava fare che le mie preghiere solite. Un giorno una delle mie maestre all'Abbazia mi chiese cosa facevo durante i giorni di vacanza quando rimanevo sola. Io le risposi che andavo dietro il letto, in uno spazio libero e che chiudevo facilmente con la tenda e che là “pensavo”. - Ma a che pensi? Mi disse - Penso al Buon Dio, alla vita... all' eternità, insomma, penso!... La buona suora rise molto di me, e in seguito le piaceva ricordarmi il tempo in cui pensavo, chiedendomi se pensavo ancora... Io ora capisco che facevo orazione senza saperlo e che il Buon Dio mi istruiva già in segreto.

I tre mesi di preparazione passarono veloci, presto dovetti entrare in ritiro e per questo diventare interna al collegio, dormendo all'Abbazia. Non posso esprimere il dolce ricordo che questo ritiro mi ha lasciato; se veramente ho sofferto molto al pensionato, ne sono stata ripagata largamente con l'ineffabile felicità di quei pochi giorni passati in attesa di Gesù... Non credo che si possa gustare questa gioia altrove che nelle comunità religiose, con un numero limitato di bambine, è facile occuparsi di ciascuna in particolare, e veramente le nostre maestre allora ci prodigavano cure materne. Si occupavano di me ancora più che delle altre, ogni sera la prima maestra veniva con la sua piccola lanterna a darmi un bacio nel mio letto dimostrandomi un grande affetto. Una sera, colpita dalla sua bontà, le dissi che le volevo confidare un segreto e tirando fuori con aria mi­steriosa il mio prezioso libretto che era sotto il cuscino, glielo mostrai con gli occhi brillanti di gioia... Al mattino trovavo molto bello vedere tutte le alunne alzarsi alla sveglia e fare come loro, ma non ero abituata a fare la mia toeletta da sola. Maria non c'era per farmi i riccioli e così ero costretta ad andare timidamente a presentare il mio pettine alla maestra della stanza da toeletta, e lei rideva vedendo una ragazzina così grande, di li armi, che non sapeva neppure cavarsela, però mi pettinava, ma non con la dolcezza di Maria, e tuttavia io non osavo strillare, come invece facevo tutti i giorni sotto la dolce mano della madrina...
Durante il ritiro ho fatto esperienza di essere una bambina privilegiata e circondata di cure come ce ne sono poche sulla terra, soprattutto tra i bambini che sono senza la loro madre...
Tutti i giorni Maria e Leonia venivamo a trovarmi con Papà che mi colmava di squisitezze, e così non ho sofferto la privazione della lontananza dalla famiglia e nulla venne ad oscurare il bel Cielo del mio ritiro.
Ascoltavo con tanta attenzione le istruzioni che ci faceva il Sig. Abate Domin e ne scrivevo anche il sunto; per i miei pensieri, non ne volli scrivere alcuno, dicendo che me ne sarei ricordata bene, e fu la verità... Per me era una grande felicità andare con le suore a tutti gli uffici; mi facevo notare tra le mie compagne con un grande Crocifisso che Leonia lui aveva regalato e che tenevo infilato nella cintura come i missionari, me lo invidiavano anche le suore, che pensavano che io volevo, portandolo, imitare mia sorella carmelitana... Ah! I miei pensieri andavano proprio verso di lei, sapevo che la mia Paolina era in ritiro come me, non perché Gesù si donasse a lei, ma perché lei stessa si donasse a Gesù, questa solitudine passata nell'attesa mi era quindi doppiamente cara...
Mi ricordo che una mattina mi avevano fatto andare all'infermeria perché tossivo molto (dopo la mia malattia le maestre stavano molto attente a me, per un mal di testa leggero o anche se mi vedevano più pallida del solito mi mandavano a prendere aria o a riposarmi all'infermeria). Io vidi arrivare la mia amata Celina, che aveva avuto il permesso di vedermi malgrado il ritiro per darmi un'immagine che mi fece tanto piacere, e cioè: “il piccolo fiore del Divino Prigioniero”. Oh! quanto mi fu dolce ricevere questo ricordo dalla mano di Celina!... Quanti pensieri d'amore ho avuto grazie a lei!...
Alla vigilia del grande giorno ho preso l'assoluzione per la seconda volta, la mia confessione generale mi lasciò una grande pace nell’anima e il Buon Dio non permise che neppure la più piccola nuvola venisse a turbarla. Al pomeriggio chiesi perdono a tutta la famiglia che venne a trovarmi, ma non potei parlare che con le lacrime, ero troppo commossa... Paolina non c'era, e tuttavia sentivo che era presso di me con il cuore; mi aveva mandato per mezzo di Maria una bella immaginetta, non mi stancavo di guardarla e di farla guardare a tutti!... Avevo scritto al buon Padre Pichon per raccomandarmi alle sue preghiere, dicendogli anche che presto sarei stata carmelitana e che allora egli sarebbe stato il mio direttore. (È proprio ciò che successe quattro anni dopo, giacché fu al Carmelo che io gli aprii l'anima mia...) Maria mi dette una lettera di lui, ero davvero troppo felice! Tutte le fortune mi arrivavano insieme.
Quello che nella sua lettera mi fece più piacere fu que­sta frase: “Domani salirò il Santo Altare per voi e per la vostra Paolina!”. Paolina e Teresa l'8 maggio divennero sempre più unite, giacché Gesù pareva fonderle insieme inondandole delle sue grazie...

Finalmente arrivò, il “bel giorno tra i giorni”, quali ineffabili ricordi hanno lasciato nell'anima mia i minimi dettagli di questa giornata di Cielo!... U risveglio gioioso dell'aurora, i baci rispettosi e teneri delle maestre e delle compagne più grandi... La camera grande piena di fiocchi di neve di cui ogni bambina si vedeva vestire quando toccava a lei... Soprattutto l'ingresso nella cappella e il canto mattutino del bel cantico: “O santo Altare che gli Angeli circondano!”.
Ma non voglio entrare nei particolari, ci sono cose che perdono il loro profumo appena sono esposte all’aria, ci sono pensieri dell'anima che non possono tradursi in linguaggio della terra senza perdere il loro senso intimo e Celeste; sono come la “Pietra bianca che sarà data al vincitore e su cui è scritto un nome che nessuno conosce, salvo COLUI che lo riceve”. Ah! quanto fu dolce il primo bacio di Gesù all'anima mia!...
Fu un bacio d'amore, io mi sentivo amata, e dicevo a mia volta: “Ti amo, mi dono a te per sempre”. Non ci furono domande, né lotte, né sacrifici; da tempo Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti... Quel giorno non era più uno sguardo, ma una fusione, non erano più due, Teresa era sparita, come la goccia d'acqua che si perde dentro l'oceano. Gesù restava solo, Lui era il padrone, il Re: Teresa non gli aveva forse chiesto di prendere lui la sua libertà, perché la sua libertà le faceva paura, lei si sentiva così debole, così fragile che voleva unirsi per sempre alla Forza Divina!... La sua gioia era troppo grande, troppo profonda perché lei potesse contenerla, lacrime deliziose la inondarono ben presto con grande meraviglia delle sue compagne, che più tardi dicevano tra loro: “Perché ha pianto? Non c'era qualcosa che l'ha rattristata?... - No era piuttosto il fatto di non vedere la Mamma con lei, o sua Sorella tanto amata che è carmelitana”. Loro non capivano che quando tutta la gioia del Cielo viene dentro un cuore, questo cuore esiliato non la può sopportare senza spargere lacrime... Oh! no, l’assenza di mamma non mi addolorava nel giorno della mia prima comunione: il Cielo non era forse dentro l'anima mia, e Mamma non vi aveva preso posto già da tanto tempo? Così ricevendo la visita di Gesù io ricevevo anche quella della mia cara Mamma che mi benediceva rallegrandosi della mia felicità... Io non piangevo l'assenza di Paolina, senza dubbio sarei stata contenta di vederla accanto a me, ma da tanto tempo il mio sacrificio era stato accettato; in quel giorno, solo la gioia riempiva il mio cuore, io mi univo a lei che si donava irrevocabilmente a Colui che si donava così amorevolmente a me!...
Al pomeriggio fui io a pronunciare l'atto di consacrazione alla Santa Vergine; era proprio giusto che io parlassi a nome delle mie compagne alla mia Madre del Cielo, io che ero stata privata così giovane della mia Madre della terra... Ci misi tutto il cuore a parlarle, a consacrarmi a lei, come una figlia che si butta nelle braccia della Madre e le chiede di vegliare su di lei. Mi pare che la Santa Vergine guardò il suo piccolo fiore e gli sorrise, non era forse lei che l'aveva guarita con un sorriso visibile?... Non aveva deposto proprio lei nel calice del suo piccolo fiore il suo Gesù, il Fiore dei Campi, il Giglio della valle ?...
Alla sera di quel bel giorno, ritrovai la mia famiglia terrena; già al mattino dopo la messa avevo abbracciato Papà e tutti i miei cari parenti, ma la vera riunione fu allora, quando Papà prese la mano della sua reginetta e si diresse verso il Carmelo... Allora vidi la mia Paolina divenuta la sposa di Gesù, la vidi con il suo velo bianco come il mio e con la sua corona di rose... Ah! la mia gioia fu senza amarezza, speravo di raggiungerla presto e attendere con lei il Cielo! Non fui insensibile alla festa di famiglia che ci fu alla sera della mia prima Comunione; il bell'orologio che il mio Re mi regalò mi fece tanto piacere, ma la mia gioia era tranquilla e nulla venne a turbare la mia intima pace. Maria mi prese con lei la notte seguente al bel giorno, perché i giorni più radiosi sono seguiti dalle tenebre, e solo il giorno della prima, dell'unica, dell'eterna Comunione del Cielo sarà senza tramonto!...
L’indomani della mia prima Comunione fu ancora un giorno bello, ma fu segnato di malinconia. il bel vestito che Maria mi aveva comprato, tutti i regali che avevo ricevuto non mi riempivano il cuore, non c'era che Gesù che potesse farmi contenta, sospiravo il momento in cui avrei potuto riceverlo una seconda volta. Circa un mese dopo la mia prima Comunione sono andata a confessarmi per l'Ascensione e osai chiedere il permesso di fare la Santa Comunione. Contro ogni speranza il Sig.r Abate me la permise ed ebbi la felicità di andarmi ad inginocchiare alla Santa Tavola tra Papà e Maria; che dolce ricordo ho conservato di questa seconda visita di Gesù! Le mie lacrime scorsero ancora con una ineffabile dolcezza, io mi ripetevo senza posa queste parole di S. Paolo: “Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me!...”. Dopo questa comunione il mio desiderio di ricevere il Buon Dio divenne sempre più grande, e io ottenni il permesso di farla a tutte le feste principali. Alla vigilia di quei giorni felici Maria mi prendeva sulle sue ginocchia e mi preparava come aveva fatto per la mia prima comunione; io mi ricordo che una volta mi parlò della sofferenza, dicendomi che io non avrei probabilmente camminato per quella via, ma che il Buon Dio mi avrebbe portato sempre come una bambina...

Il giorno seguente, dopo la mia comunione, le parole di Maria mi tornarono alla mente; io sentii nascere nel mio cuore un grande desiderio della sofferenza e nello stesso tempo l'intima sicurezza che Gesù mi riservava un grande numero di croci; mi sentii inondata di con­solazioni così grandi che io le considero come una del­le grazie più grandi della mia vita. La sofferenza diven­ne la mia attrazione, aveva delle bellezze che mi rapivano senza neppure conoscerle bene. Fino allora avevo sofferto senza amare la sofferenza, da quel giorno sentii per essa un vero amore. Io sentivo anche il desiderio di non amare che il Buon Dio, di non trovare gloria che in Lui. Spesso durante le mie comunioni ripetevo que­ste parole dell'Imitazione: “O Gesù, dolcezza ineffabile, cambia per me in amarezza tutte le consolazioni della terra!...” . Questa preghiera usciva dalle mie labbra senza sforzo, senza costrizione; mi pareva di ripeterla non per mia volontà, ma come una bambina che ridice le parole che una persona amica le ispira... Più tardi ti dirò, Madre mia cara, come Gesù si è compiaciuto di realizzare il mio desiderio, come è stato sempre Lui solo la mia dolcezza ineffabile; se te ne parlassi subito sarei costretta ad anticipare sul tempo della mia vita di ragazza, e invece mi restano ancora molte cose da dirti sulla mia vita di bambina.
Poco tempo dopo la mia prima Comunione, sono entrata nuovo in ritiro per la Confermazione. Mi ero preparata con molta cura a ricevere la visita dello Spirito Santo, non capivo perché non si dava tanta importanza al ricevimento di questo sacramento d'Amore. Di solito si faceva solo un giorno di ritiro per la Confermazione , ma poiché Monsignore non era potuto venire nel giorno stabilito, io ebbi la consolazione di aver due giorni di solitudine. Per distrarci la nostra maestra ci porto’ al Monte Cassin dove colsi a piene mani le grandi margherite per il Corpus Domini. Ah! quanto era gioiosa l’anima mia! Come gli apostoli aspettavo con felicità la visita dello Spirito Santo... Mi rallegravo al pensiero che presto sarei stata perfetta cristiana e soprattutto a quello di avere eternamente sulla fronte la croce misteriosa che il Vescovo segna dandoti il sacramento... Finalmente arrivò, il momento felice, io non sentii un vento impetuoso al momento della discesa dello Spirito Santo ma piuttosto quella brezza leggera di cui il profeta senti il mormorio sul monte Horeb... Quel giorno ho ricevuto la forza di soffrire, perché subito dopo il martirio dell'anima mia doveva cominciare... Fu la mia cara piccola Leonia a servirmi da Madrina, era così commossa che non poté impedire alle sue lacrime di spargersi durante tutto il tempo della cerimonia. Con me lei prese la Santa Comunione, perché ebbi ancora una volta la felicità di unirmi a Gesù in quel giorno.
Dopo queste deliziose e indimenticabili feste, la mia vita rientrò nell'ordinario, cioè dovetti riprendere la vita del pensionato che per me era così penosa. Al momento della mia prima Comunione amavo questa esistenza con le bambine della mia età, tutte piene di buona vo­lontà, e che avevano fatto proposito, come me, di praticare seriamente la virtù; ma mi toccava rimettermi accanto ad alunne molto diverse, dissipate, che non volevano osservare la regola, e questo mi rendeva molto infelice. Ero di un carattere allegro, ma non sapevo abbandonarmi ai giochi della mia età; spesso durante le ricreazioni mi appoggiavo ad un albero e di là mi guardavo lo spettacolo, abbandonandomi a riflessioni serie! Avevo inventato un gioco che mi piaceva, era quello di sotterrare i poveri uccelletti che trovavamo morti sotto gli alberi; parecchie alunne vollero aiutarmi e così il nostro cimitero diventò molto carino, con alberi e fiori proporzionati alla grandezza dei nostri piccoli implumi. Mi piaceva anche raccontare storie che inventavo mentre mi venivano in mente, e allora le mie compagne mi circondavano con premura, e qualche volta delle alunne più grandi si mischiavano al gruppo degli ascoltatori. La stessa storia durava parecchi giorni, perché mi piaceva renderla sempre più interessante quando vedevo l'impressione che suscitava e che si manifestava sul viso delle mie compagne, ma ben presto la maestra mi proibì di continuare il mio mestiere di oratore, perché voleva vederci giocare e correre, non discorrere...
Mi ricordavo facilmente il senso delle cose che imparavo, ma facevo fatica a imparare parola per parola; e così per il catechismo chiesi quasi tutti i giorni, durante l'anno che precedé la mia prima Comunione, il permesso di impararlo durante le ricreazioni; i miei sforzi furono coronati dal successo e io fili sempre la prima. Se per caso per una sola parola dimenticata perdevo il posto, il mio dolore si manifestava con lacrime amare che il Sig. abate Domin non sapeva come placare... Era molto contento di me (non mentre piangevo) e mi chiamava il suo piccolo dottore, grazie al mio nome di Teresa. Una volta l'alunna che veniva dopo di me non fu capace di fare alla compagna la domanda del catechismo. il Sig. abate fece invano il giro di tutte le alunne e arrivò di nuovo a me, dicendo che voleva vedere se meritavo il mio posto di prima della classe. Nella mia profonda umiltà non aspettavo che quello; alzandomi con sicurezza dissi quello che mi era stato richiesto senza fare neppure un errore, con gran meraviglia di tutti... Dopo la mia prima Comunione il mio zelo per il catechismo continuò fino a quando uscii dal pensionato. Riuscivo benissimo negli studi, ero quasi sempre la prima, e i miei più grandi successi erano la storia e lo stile. Tutte le mie maestre mi guardavano come un'alunna molto intelligente, mentre non era la stessa cosa a casa dello Zio, dove passavo per una piccola ignorante, buona e dolce, con una capacità retta di giudicare, ma incapace e maldestra...
Non sono sorpresa di questa opinione che lo Zio e la Zia avevano ed ancora senza dubbio hanno di me, io quasi non parlavo perché ero timidissima; quando scrivevo, la mia scrittura da gatto e la mia ortografia che è quella datami dalla natura non erano fatte per sedurre... Nei piccoli lavori di cucito, di ricamo ed altro riuscivo bene, è vero, per le mie maestre, ma il modo mancino e maldestro con cui tenevo l'opera mia giustificava il giudizio poco positivo che si aveva di me. Ritengo che sia stata una grazia, il Buon Dio volendo il mio cuore per Lui solo, esaudiva già la mia preghiera “Cambiando in amarezza le consolazioni della terra” . Ne avevo tanto più bisogno perché non sarei stata insensibile alle lodi. Spesso davanti a me si vantava l'intelligenza delle altre, ma la mia mai, e allora ne conclusi che non ne avevo e mi rassegnai a vedermene priva... il mio cuore sensibile ed amante si sarebbe facilmente dato se avesse trovato un cuore capace di capirlo... Cercavo di legare con le ragazzine della mia età, soprattutto con due di loro, le amavo e da parte loro anch'esse mi amavano quanto ne erano capaci; ma ahimè! quanto è stretto e volubile il cuore delle creature!!!... Presto vidi che il mio amore era incompreso, una delle mie amiche, essendo stata costretta a rientrare in famiglia, tornò qualche mese dopo; durante la sua assenza io avevo pensato a lei, conservando come una cosa preziosa un anellino che mi aveva regalato. Rivedendo la mia compagna la mia gioia fu grande, ma ahimè! non ne ebbi che uno sguardo indifferente... il mio amore non era compreso, lo sentii e non mendicai un affetto che mi era rifiutato, ma il Buon Dio m'ha dato un cuore così fedele che quando ha amato con purezza ama per sempre, e così continuai a pregare per la mia compagna, e l'amo ancora... Vedendo Celina amare una delle nostre maestre, volevo imitarla, ma non sapendo guadagnarmi le buone grazie delle creature non sono stata capace di riuscirci. Felice ignoranza! Quanti mali grandi mi ha risparmiato!... Quanto ringrazio Gesù di non avermi fatto trovare “che amarezza nelle amicizie della terra”! con un cuore come il mio mi sarei lasciata prendere e tagliare le ali, e allora come avrei potuto “volare e riposarmi?". Come può, un cuore abbandonato all'affetto delle creature unirsi intimamente a Dio?... Sento che non è possibile. Senza aver bevuto al calice avvelenato dell'amore troppo ardente per le creature, sento che non posso ingannarmi; ho visto tante anime sedotte da questa falsa luce, volare come povere farfalle e bruciarsi le ali, poi tornare verso la vera, la dolce luce dell'amore che dava loro ali nuove più lucenti e più leggere perché potessero volare verso Gesù, questo Fuoco Divino “che brucia senza consumare”. Ah! lo sento, Gesù mi sapeva troppo debole per espormi alla tentazione, forse io mi sarei lasciata bruciare interamente dalla luce ingannevole se l'avessi vista brillare davanti ai miei occhi... Non è andata così, non ho incontrato che amarezza là ove anime più forti incontrano la gioia distaccandosene per fedeltà. Non ho perciò merito alcuno a non essermi offerta all'amore delle creature, perché ne sono stata preservata solo dalla grande misericordia del Buon Dio!... Riconosco che senza di Lui, avrei potuto cadere in basso come Santa Maddalena e la profonda parola di Nostro Signore a Simone risuona con una grande dolcezza nell' anima mia... Lo so: “colui cui meno viene perdonato, AMA meno” ma so anche che Gesù mi ha perdonato di più che a Sta Maddalena, perché mi ha perdonato in anticipo, impedendomi di cadere. Ah! come vorrei poter spiegare quello che sento!... Ecco un esempio che un po' tradurrà il mio pensiero. - Suppongo che il figlio di un bravo dottore incontri sulla sua strada una pietra che lo fa cadere e che in questa caduta si spezza un arto; subito il padre arriva, lo rialza con amore, cura le sue ferite, impiegando tutte le risorse del suo mestiere e ben presto il figlio completamente guarito gli testimonierà la sua riconoscenza. senza dubbio questo figlio ha davvero motivo di amare suo padre! Ma io voglio fare ancora un'altra ipotesi. - il padre, avendo saputo che sulla strada del figlio c'era una pietra, si affretta a precederlo e la porta via, senza che nessuno lo veda. Certamente il figlio, oggetto della sua preveggente tenerezza, non conoscendo la disgrazia da cui è stato salvato dal padre non gli testimonierà la sua riconoscenza e lo amerà meno che se fosse stato guarito da lui... ma se viene a conoscere il pericolo da cui è stato salvato, non lo amerà forse di più? Ebbene, sono io questo figlio, oggetto dell'amore preveggente d'un Padre che non ha mandato il suo Verbo per riscattare i giusti, ma i peccatori Egli vuole che io lo ami perché mi ha perdonato, non molto, ma tutto. Non ha atteso che io lo amassi molto come Sta Maddalena, ma ha voluto che io sappia come egli mi ha amata con un amore d'ineffabile preveggenza, perché ora io lo ami alla follia!... Ho sentito dire che non si era mai trovata un'anima che amasse di più di un'anima penitente, ah! cosa non vorrei fare per smentire questa parola!...
Mi accorgo che sono molto lontana dal tema e così mi affretto a rientrarvi. - L'anno che segue la mia prima Comunione passò quasi tutto senza prove interiori per l'anima mia, e fu durante il mio ritiro della seconda Comunione che mi vidi assalita dalla terribile malattia degli scrupoli... Occorre essere passati attraverso questo martirio per capirlo bene: dire quello che ho sofferto durante un anno e mezzo mi sarebbe impossibile... Tutti i miei pensieri e le mie azioni più semplici divenivano per me soggetto di turbamento; non avevo riposo che raccontandoli a Maria, e la cosa mi costava molto, perché mi credevo obbligata a dirle i pensieri stravaganti che avevo su lei stessa. Appena avevo deposto il mio fardello gustavo un istante di pace, ma questa pace passava come un lampo, e ben presto il mio martirio ricominciava. Di quale pazienza non ha avuto bisogno la mia cara Maria, per starmi a sentire senza mai mostrare la noia!... Appena ritornata dall'abbazia lei si metteva subito ad arricciarmi i capelli per il giorno.
Dopo (tutti i giorni per far piacere a Papà la reginetta aveva i capelli arricciati, con grande meraviglia delle sue compagne e soprattutto delle maestre che non vedevano bambine così curate dai genitori), durante la seduta non smettevo di piangere raccontando tutti i miei scrupoli. Alla fine dell'anno, avendo terminato gli studi, Celina tornò a casa e la povera Teresa, costretta a tornare da sola, ben presto cadde ammalata, la sola attrattiva che la tratteneva al pensionato era vivere con la sua inseparabile Celina, senza di lei mai “la sua piccola figlia” poté restarci... Uscii dunque dall'abbazia a 13 anni, e continuai la mia istruzione prendendo parecchie lezioni a settimana dalla “Sig.ra Papinau”. Era un'ottima persona molto istruita, ma aveva un po' l'aria da zitella; viveva con la madre, ed era carino vedere il gruppetto che facevano in tre (perché la gatta era della famiglia e io dovevo sopportare che venisse a fare il suo ronron sui miei quaderni e persino ammirare il suo grazioso aspetto). Avevo il vantaggio di vivere nell'intimità della mia famiglia; i Buissonnets essendo troppo lontani per le gambe un po' vecchie della mia maestra, lei aveva chiesto che io andassi a lezione da lei. Quando arrivavo non trovavo di solito che la vecchia signora Cochain che mi guardava “con i suoi grandi occhi chiari” e poi chiamava con voce calma e sentenziosa: “Signora Papinau... la Signorina Teresa è arrivata!...”. La figlia le rispondeva con voce infantile: “Eccomi, mamma”. E subito la lezione cominciava. Queste lezioni avevano anche il vantaggio (oltre l'istruzione che ne ricevevo) di farmi conoscere il mondo... Chi avrebbe potuto crederlo!... In questa camera ammobiliata all'antica, circondata da libri e da quaderni, assistevo spesso a visite di ogni genere: Preti, signore, ragazze, ecc... La Sig.ra Cochain sosteneva per quanto possibile la conversazione per lasciare che la figlia mi facesse lezione, ma quei giorni non imparavo granché; con il naso dentro un libro sentivo tutto quello che si diceva e anche quello che sarebbe stato meglio per me non sentire, la vanità s'insinua così facilmente nel cuore!... Una signora diceva che avevo dei bei capelli... un'altra mentre usciva, credendo di non essere ascoltata, chiedeva chi era quella ragazzina così carina e quelle parole, tanto più lusinghiere in quanto non venivano dette davanti a me, lasciavano nell'anima mia un'impressione di piacere che mi dimostrava chiaramente quanto ero piena di amor proprio. Oh! come ho compassione delle anime che si perdono!... È così facile deviare sui sentieri fioriti del mondo... senza dubbio, per un'anima un po' avvertita la dolcezza che questo offre è mescolata di amarezza e il vuoto immenso dei desideri non potrebbe essere riem­pito con le lodi di un istante... ma se il mio cuore non fosse stato sollevato verso Dio fin dal suo risveglio, se il mondo mi avesse sorriso dal mio ingresso nella vita, cosa sarei diventata?... O Madre mia cara, con quale incoscienza canto le misericordie del Signore!... Non mi ha forse lui, come dicono le parole della Sapienza “Ritirata dal mondo prima che il mio spirito fosse corrotto dalla sua malizia e che le sue apparenze ingannevoli avessero sedotto l'anima mia”?... La Santa Vergine vegliava allo stesso modo sul suo piccolo fiore e non volendo in alcun modo che fosse offuscato al contatto con le cose della terra, l'ha ritirato sulla sua montagna prima che fosse sbocciato... Aspettando questo felice momento la piccola Teresa cresceva in amore della sua Madre del Cielo; per provarle questo amore fece un'azic” ne che le costò molto e che ora racconto in poche parole, malgrado sia stata lunga...
Pressappoco subito dopo il mio ingresso all'abbazia, ero stata accolta nell'associazione dei Ss. Angeli; amavo molto le pratiche di devozione che questa mi imponeva, avendo un'attrazione tutta speciale per pregare i Beati Spiriti del Cielo e particolarmente quello che il Buon Dio m'ha dato come compagno del mio esilio. Qualche tempo dopo la mia Prima Comunione, il nastro di aspirante alle figlie di Maria prese il posto di quello dei Ss. Angeli, ma io lasciai l'abbazia non essendo ancora stata accolta nell'associazione della S.ta Vergine. Essendo uscita prima di aver finito gli studi, non avevo il permesso di entrare come ex alunna, ma pensavo che tutte le mie sorelle erano state “figlie di Maria”, ebbi timore di essere meno di loro figlia della mia Madre del Cielo, e andai con tutta umiltà (nonostante quello che mi costò) a chiedere il permesso di essere accolta nell'associazione della Sta Vergine all'abbazia. La prima maestra non volle rifiutarmi, ma mise come condizione che io tornassi due giorni alla settimana al pomeriggio per mostrare se ero degna di essere accolta. Ben lungi dal farmi piacere questo permesso mi costò estremamente; non avevo, come le altre ex alunne, una maestra amica con cui potevo andare a passare parecchie ore; e così mi accontentavo di andare a salutare la maestra poi lavoravo in silenzio fino alla fine della lezione di cucito. Nessuno faceva attenzione a me, così salivo sulla tribuna della cappella e restavo davanti al Santo Sacramento fino al momento in cui Papà veniva a prendermi, era la mia sola consolazione, Gesù non era forse il mio unico amico?... Io non sapevo parlare che a lui, le conversazioni con le creature, anche le conversazioni pie, mi stancavano l'anima... Sentivo che valeva di più parlare a Dio che parlare di Dio, perché nelle conversazioni spirituali si mescola tanto amor proprio!... Ah! era proprio per la Sta Vergine sola che io venivo all'abbazia... talora mi sentivo sola, proprio sola; come nei giorni della mia vita di alunna interna quando passeggiavo triste e ammalata nel grande cortile, io ripetevo le parole che sempre facevano rinascere la pace e la forza nel mio cuore: “La vita è la tua barca e non la tua casa!...”. Da piccolissima queste parole mi ridavano coraggio; ancora adesso, malgrado gli anni che fanno sparire tante impressioni di pietà infantile, l'immagine della barca incanta ancora l'anima mia e l'aiuta a sopportare l'esilio... La Sapienza non dice anch'essa che “La vita è come il vascello che solca le onde agitate e non lascia dietro di sé alcuna traccia del suo veloce passaggio” ?... Quando penso a queste cose, la mia anima si immerge nell'infinito, mi sembra già di toccare la riva eterna... Mi pare di ricevere gli abbracci di Gesù... Credo di vedere la mia Mamma del Cielo che mi viene incontro con Papà... Mamma... i quattro angioletti... Credo di gioire finalmente per sempre della vera ed eterna vita in famiglia...
(Continua...)