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Abbazia di Sant'Antimo

L'abbazia di Sant'Antimo è un complesso monastico premostratense situato presso Castelnuovo dell'Abate, all'interno del comune di Montalcino, in provincia di Siena. Si tratta di una delle architetture più importanti del romanico toscano.

La prima abbazia
Il nucleo primitivo dell'abbazia di Sant'Antimo risale al culto delle reliquie di Sant'Antimo di Arezzo, alla cui morte, nel 352, sul luogo del suo martirio venne edificato un piccolo oratorio. Nello stesso luogo sorgeva una villa romana: lo dimostrano i numerosi reperti di epoca romana come il bassorilievo con la cornucopia sul lato nord del campanile o alcune colonne nella cripta carolingia. L'incisione “Venite et bibite” invece farebbe pensare alla presenza di una fonte con proprietà terapeutiche. Nel 715 la chiesa era custodita da un prete della diocesi di Chiusi.
Nel 770 i Longobardi incaricarono l'abate pistoiese Tao di iniziare la costruzione di un monastero benedettino e gli affidarono anche la gestione dei beni demaniali del territorio. Le abbazie erano utilizzate come sosta dai pellegrini diretti a Roma, dai mercanti, dai soldati e dai messi dei re.
Carlo Magno, di ritorno da Roma nel 781, ripercorrendo la grande via creata dai Longobardi, chiamata in seguito "Francigena" perché "strada originata dai Franchi", giunse a Sant'Antimo e pose il suo sigillo sulla fondazione del monastero. Quasi certamente la fondazione ad opera di Carlo Magno è da interpretare come una pura leggenda medievale. Il 29 dicembre 814 un documento di Ludovico il Pio, figlio e successore di Carlo, arricchisce l'abbazia di doni e privilegi. L'abbazia diventa a tutti gli effetti, un'abbazia imperiale.
Con l'impulso carolingio, la comunità inizia il suo periodo di apogeo. L'abate di Sant'Antimo è insignito del titolo di conte palatino (Conte e consigliere del Sacro Romano Impero). L'esame delle carte imperiali, tra cui quella di Enrico III del 1051, e di quelle papali si contano numerosi territori chiese appartenenti o posti sotto la giurisdizione dell'abbazia: 96 tra castelli, terreni, poderi e mulini; 85 tra monasteri, chiese, pievi e ospedali dal grossetano al pistoiese passando da Siena e Firenze.
Il possedimento principale della comunità era il castello di Montalcino, dove il priore alloggiava in una residenza ora inglobata entro le mura della fortezza.

L'ampliamento e la nuova chiesa
Nel 1118 il Conte Bernardo degli Ardengheschi, cede il suo intero lascito “in toto regno Italico e in tota marca Tuscie” ad Ildebrando, figlio di Rustico, affinché lo trasferisca all'abbazia. Il monastero versa a Fortisguerra, fratello di Bernardo, 1000 libbre per l'accordo di non molestare più i monaci nel godimento della proprietà. A memoria della donazione, questo evento è inciso sui gradini dell'altare maggiore, come “Carta Lapidaria”.
Nel 1118 inizia la costruzione della nuova chiesa, sotto la guida dell'abate Guidone. Il punto di riferimento più importante per il progetto della nuova chiesa è la grande abbazia benedettina di Cluny. L'abate richiede l'intervento degli architetti francesi per progettare il nuovo edificio, che in parte si ispira alla chiesa benedettina del 1050 di Vignory.
Alcune sculture, la porta nord e quella sud, gli stipiti della sagrestia, alcuni capitelli collocati nella tribuna nord, altri capitelli, frammenti di decorazioni o pilastrini, fanno pensare all'esistenza di un edificio antecedente al XII secolo, quando iniziò la costruzione della nuova abbazia. Intorno al 1000 sarebbe stata edificata una chiesa, di cui rimane solo il campanile, costruito inizialmente staccato dalla navata, secondo la tradizione medievale.
Per questo motivo le seguenti modifiche del 1118 hanno tenuto conto di vincoli architettonici già esistenti, adeguando i volumi del presbiterio in modo da inserirlo tra il campanile e la Cappella Carolingia. La zona del coro risulta infatti più stretta del resto dell'edificio.
Verso la metà del secolo XII la costruzione della nuova abbazia è quasi completata, solamente la facciata non è ancora terminata.

Il "secolo d'oro" dell'abbazia
Montalcino, all'epoca sotto la giurisdizione dell'abate di Sant'Antimo, è presa di mira, per la sua posizione strategica, sia da Siena che da Firenze.
La città di Siena infatti è impossibilitata ad espandersi a nord a causa di Firenze, sua acerrima rivale, e cerca nuove terre a sud.
Nel luglio del 1145 i senesi costringono l'abate di San Salvatore a cedere alla repubblica di Siena il castello di Radicofani sulla via Francigena.
Appoggiando la politica senese, papa Clemente III, nel 1189, assoggetta la pieve di Montalcino al Vescovo di Siena.
Nel 1200, Filippo Malavolti, podestà di Siena, attacca Montalcino, che viene in parte distrutta.

Verso il declino
Il 12 giugno 1212 con un accordo tra l'abate di Sant'Antimo, la città di Montalcino e Siena è sancito che l'Abbazia deve cedere un quarto del territorio di Montalcino alla città senese. Con la perdita di Montalcino l'abbazia perde il centro più importante della propria giurisdizione. Siena inizia ad intaccare i beni della comunità benedettina: nel 1293 i monaci possiederanno soltanto un quinto di tutte le antiche proprietà situate tra Montalcino e Seggiano.
Nel 1291 papa Nicolò IV ordina la fusione della comunità dell'abbazia con i Guglielmiti, ramo riformato dei Benedettini. Questa decisione intende ridare vigore alla comunità religiosa di sant'Antimo. Dal 1397 al 1404 l'abbazia viene amministrata, retta e governata da fra Bartolomeo di Simone, vescovo di Cortona.

La soppressione di Pio II
Il 4 agosto 1439, l'abate Paolo è incarcerato per le sue scelleratezze. Nel 1462 nella Cappella Carolingia si riunisce per l'ultima volta il capitolo dei Guglielmiti.
Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini nel 1462 sopprime l'abbazia affidandone i beni al vescovo Cinughi, ordinario della nuova diocesi di Montalcino - Pienza, creata il 13 agosto. Pio II voleva trasformare il suo paese natale, Corsignano, in una città rinascimentale, e Pienza, dandole un vescovo, suo nipote, con territorio e dominio.
Nel 1870 l'abbazia di Sant'Antimo era abitata da un mezzadro, che alloggiava nell'appartamento vescovile, utilizzava la cripta carolingia come cantina, la chiesa come rimessa agricola e il chiostro per gli animali.

La rinascita
Lo stesso anno l'abbazia passa sotto la giurisdizione delle Belle Arti. Con sette campagne di restauro l'abbazia arriva a risultare allo stato attuale. Le prime due, dal 1872 al 1873 e nel 1876 eliminano tutto ciò che alterava la struttura originaria e viene aperta la grande bifora dell'abside che ora illumina la chiesa.
Nel 1970-1973, nello stesso periodo in cui a Sant'Antimo vengono girate alcune scene del film "Fratello sole, sorella luna" di Franco Zeffirelli, le Belli Arti di Siena rifanno interamente il tetto della chiesa, cambiando quasi tutte le parti lignee delle capriate. Tuttavia l'edificio, terminati i lavori di restauro, permane in stato di semi abbandono. Solo raramente la comunità parrocchiale del vicino paese di Castelnuovo dell'Abate, frazione di Montalcino, utilizza la chiesa per celebrarvi alcune funzioni.

Dopo 530 anni ritornano i monaci
Alla fine degli anni settanta il vescovo di Siena decide di ricostituire una comunità monastica a Sant'Antimo, e affida tale incarico a un gruppo di giovani sacerdoti provenienti dalla Francia.
Questi sacerdoti fondano, nel 1979, una comunità monastica ispirata alla regola dell'ordine dei Canonici regolari di Sant'Agostino.
Con l'appoggio delle Belle Arti di Siena, del comune di Montalcino e delle vicine parrocchie di Montalcino e Castelnuovo dell'abate, iniziano nel 1990 dei lavori di ristrutturazione dell'edificio del vecchio refettorio, mirati a renderlo nuovamente abitabile.
Nel 1992, terminati i lavori di ristrutturazione, i monaci, a cui si sono uniti altri giovani, sia sacerdoti che laici, provenienti dalla Francia e alcuni dall'Italia, si insediano nell'abbazia.

L'abbazia oggi
Attualmente la comunità conta otto monaci, di diverse nazionalità, perlopiù italiana e francese. La comunità è molto attiva e vivace, e porta avanti da diversi anni, oltre alla tradizionale vita monastica, un'intensa attività pastorale rivolta soprattutto alle famiglie e ai giovani. La comunità è impegnata nell'attività pastorale delle vicine comunità parrocchiali. Non solo vi è tra esse e l'abbazia un'intensa collaborazione, ma alcuni monaci sono anche parroci di alcune parrocchie vicine.
Ogni giorno la comunità si riunisce nella chiesa per celebrare le funzioni dettate dalla regola monastica. Tutte le funzioni vengono cantate in gregoriano e in originale lingua latina.
Negli ultimi anni la comunità di Sant'Antimo ha anche registrato vari cd di canto gregoriano, che accompagna le liturgie.

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